L’Italia ha ritirato la richiesta di estradizione dalla Norvegia di Najmaddin Faraj Ahmad, meglio noto come Mullah Krekar, religioso islamico implicato in un’indagine italiana antiterrorismo, sospettato di essere al vertice di una rete jihadista curda di respiro europeo, nota come Rawti Shax e ritenuta legata allo Stato Islamico, che avrebbe progettato attentati in Occidente e puntato a rovesciare il governo del Kurdistan iracheno per instaurarvi un califfato.
Lo ha annunciato la Procura norvegese, spiegando in un comunicato di aver ricevuto dal Ministero della Giustizia italiana una lettera, spedita il 25 novembre, in cui si comunica la decisione italiana della marcia indietro. La Procura aggiunge che nella lettera il ministero di Roma cita la sentenza di un tribunale italiano che nel marzo scorso ha svuotato di ogni requisito la richiesta di estradizione, ma non spiega nè il dispositivo di quella sentenza nè il perché si sia impiegato così tanto tempo per ritirare la richiesta di estradizione.
Con tutta probabilità, la sentenza impugnata da Roma riguarda la revoca dell’arresto da parte del Gip di Trento, Francesco Forlenza, per cinque di sette presunti jihadisti della rete Rawti Shax. Tra quei cinque nomi, tutti curdo iracheni, figurava anche quello del Mullah Krekar. Il Gip aveva spiegato la sua decisione con una dilatazione dei tempi processuali che non poteva andare a discapito dei diritti costituzionali degli indagati, in particolare con una “privazione della libertà personale” da giustificare “tenendo conto anche del tempo trascorso dalla commissione del reato”.
La conferma arriva dal Ministero della Giustizia, quando precisa che non c’è stata nessuna rinuncia alla richiesta di estradizione del Mullah Krekar. Più semplicemente, non c’era alcuna disposizione da eseguire dal momento che la magistratura, ovvero il gip di Trento, aveva revocato l’ordinanza di custodia cautelare nei confronti del Mullah. A cui si aggiungeva anche la scarcerazione del curdo iracheno Ibrahim Jamal, nome di battaglia “Hitler”, ritenuto vittima di un errore giudiziario dopo che a novembre, all’epoca dell’arresto, il suo nome aveva fatto il giro del mondo quale uomo di punta del gruppo del Mullah.
Krekar torna così in libertà in Norvegia, per la soddisfazione del suo legale. “E’ una vittoria del diritto, che dimostra come non sia possibile dissimulare un’espulsione dietro una domanda d’estradizione. E’ una sconfitta per quelli che ci hanno provato” ha esultato l’avvocato Brynjar Meling, riferendosi a quanto pare ai norvegesi più che agli italiani. Rifugiato in Norvegia dal 1991, 60 anni, il religioso islamico era stato arrestato in Norvegia nel novembre del 2015 nell’ambito di un’operazione antiterrorismo che aveva riguardato altri 16 presunti esponenti della rete jihadista in sei Paesi europei. Sette arresti erano stati eseguiti dai carabinieri del Ros in Italia: quattro a Merano, due a Bolzano e uno in un paese vicino al capoluogo. In Norvegia, l’arresto del Mullah Krekar era avvenuto in carcere, dove il religioso stava già scontando una condanna a 18 mesi di detenzione per aver minacciato di morte un curdo e per aver rilasciato un’intervista in cui esortava al martirio, ovvero commettere crimini.
L’Italia aveva quindi presentato richiesta di estradizione del Mullah alla Norvegia, accolta la scorsa settimana dalla Corte Suprema di Oslo con conseguente rigetto dell’appello presentato dal legale di Krekar. Infine, ecco la rinuncia degli italiani a mettere le mani sul Mullah Krekar, decisione che ha generato profonda delusione nelle autorità norvegesi, più che felici di liberarsi di un personaggio ingombrante e pericoloso, schedato come terrorista tanto dall’Onu che dagli Usa, una minaccia alla sicurezza nazionale, più volte in carcere ma mai rispedito in Iraq perché nessuno avrebbe potuto garantire che non sarebbe stato giustiziato. La premier Erna Solberg in conferenza stampa non ha nascosto una certa irritazione: la decisione di Roma “è qualcosa che dobbiamo accettare” e non sta ai politici giudicare.
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