«SIAMO costretti a lasciare Maranello e l’Italia a causa di inconciliabili divergenze con le organizzazioni sindacali». Potrebbe essere un comunicato come questo a giustificare tra qualche anno un trasloco clamoroso. Certo, per ora è soltanto un’ipotesi remota, ma la Ferrari la mette nero su bianco nei documenti forniti all’autorità di regolamentazione dei mercati (Sec), in vista della quotazione a New York in ottobre. La fabbrica della Rossa è un esempio ormai più unico che raro di big in simbiosi col territorio di appartenenza: nessuno stabilimento gemello in giro per il mondo, nessun sito alternativo dove produrre con la stessa maestria i modelli che fanno sognare il mondo intero.
E COSÌ, in vista dello sbarco sulla piazza a stelle e strisce, il numero uno di Fca, Sergio Marchionne, ha dovuto rassicurare i futuri azionisti che dal giorno del lancio della Ipo si contenderanno il 10 per cento del valore aziendale (stimato in circa 10 miliardi di euro). Cosa accadrà se uno sciopero bloccherà la produzione per settimane? E dove proseguirà l’assemblaggio delle vetture se la fabbrica verrà colpita da una calamità naturale in una terra già martoriata dal sisma? Insomma, gli azionisti vogliono essere certi che la Ferrari sia pronta a qualsiasi mossa, anche la più estrema come la ricerca di un sito alternativo, per tutelare il suo giro d’affari macina-record. Un dato su tutti: l’anno scorso il Cavallino rampante ha consegnato 7.255 automobili, registrando ricavi per 2,762 miliardi di euro e utile netto di 265 milioni. Marchionne non lascia nulla al caso e così, nei documenti forniti alla Sec, elenca terremoti, incendi, inondazioni e uragani, guerre, attacchi terroristici e addirittura pandemie. Poi tocca un nervo estremamente sensibile per noi italiani: fra le vicissitudini che potrebbero compromettere i risultati economici, infatti, il numero uno di Fca cita le agitazioni sindacali, gli inasprimenti fiscali insostenibili, gli aumenti salariali, fino ai risultati del team di Formula 1. L’imminente quotazione è un traguardo che non permette passi falsi: con la vendita del 10%dell’azienda Marchionne auspica di raccogliere almeno 5 miliardi di lire per abbattere l’indebitamento del Gruppo (48 miliardi), anche se il mercato, e questa è la speranza più grande dell’ad di Fca, potrebbe di gran lunga rivedere l’importo all’insù. La scommessa del management del Cavallino è quella di strappare multipli superiori a tutti quelli riconosciuti ad altre case automobilistiche. (…) Il Resto del Carlino
