È bufera sul carcere della Dogaia di Prato, dove tre agenti della polizia penitenziaria sono indagati per l’aggressione subita lo scorso 6 giugno da Vasile Frumuzache, il vigilante trentaduenne reo confesso degli omicidi di Ana Maria Andrei e Denisa Maria Adas. Secondo la Procura di Prato, gli agenti avrebbero omesso di vigilare adeguatamente, permettendo a un detenuto di colpire Frumuzache con un pentolino d’olio bollente mischiato con zucchero, ustionandolo gravemente.
I tre poliziotti, rispettivamente di 24, 40 e 45 anni, originari di Caserta, Belvedere Marittimo e Napoli, sono accusati di rifiuto di atti d’ufficio e lesioni colpose. L’aggressore è un detenuto romeno che avrebbe voluto punire Frumuzache per l’omicidio, a suo dire, di una parente. Il killer, subito dopo l’aggressione, è stato medicato e trasferito al carcere di Sollicciano.
Il procuratore Luca Tescaroli ha sottolineato le responsabilità della direzione penitenziaria, che non avrebbe applicato le misure di sicurezza richieste, lasciando il detenuto-aggressore libero di agire. “È un dato di fatto – ha dichiarato – che non si è riusciti ad assicurare il necessario controllo e protezione per Frumuzache, nonostante le direttive impartite.”
Ma l’episodio si inserisce in un contesto ben più ampio di degrado e illegalità nella struttura carceraria. Lo stesso giorno dell’aggressione, la Procura ha avviato un’operazione di perquisizione straordinaria che ha coinvolto 127 detenuti, tra cui affiliati alla mafia, alla camorra e a bande di narcotrafficanti. Sono emersi nascondigli scavati nei muri, cellulari di ultima generazione, cocaina e hashish entrati attraverso vari stratagemmi: dai plichi postali non controllati ai lanci con fionde e palloni oltre il muro di cinta.
L’inchiesta, avviata nel luglio 2024, ha portato a 27 detenuti indagati per traffico illecito all’interno del carcere. Ma a destare particolare allarme sono anche le accuse nei confronti di tre agenti penitenziari indagati per corruzione, sospettati di essere al soldo delle organizzazioni criminali.
Il caso Frumuzache, già di per sé inquietante per i dettagli degli omicidi confessati – due escort date per scomparse, uccise e i cui resti sono stati occultati – si intreccia quindi con un quadro più vasto di collusione e mancanza di controllo nel sistema carcerario pratese. E non è escluso che il killer possa aver commesso altri delitti. Gli investigatori sospettano che Frumuzache abbia adottato un “codice del silenzio”, confessando solo quando costretto dalle prove: un comportamento che alimenta il timore che possano esserci altre vittime ancora sconosciute.
Le indagini proseguono su tutti i fronti, sia per ricostruire eventuali ulteriori crimini di Frumuzache, sia per fare luce sul sistema illecito che da tempo, secondo gli inquirenti, rende il carcere di Prato una struttura fuori controllo.