Trieste, Martina Oppelli denunciò la Asl per tortura prima di ricorrere al suicidio assistito in Svizzera

Prima di porre fine alla propria vita attraverso il suicidio assistito in Svizzera, Martina Oppelli ha intrapreso un ultimo atto di denuncia contro il sistema sanitario italiano. Affetta da una forma avanzata di sclerosi multipla, la donna ha presentato una querela formale nei confronti dell’Azienda sanitaria universitaria giuliano isontina, accusandola di averle negato per tre volte l’accesso al suicidio medicalmente assistito.

La denuncia, depositata tramite la sua procuratrice speciale Filomena Gallo – avvocata e segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni – contesta all’azienda due reati: il rifiuto di atti d’ufficio e la tortura. A darne notizia è stato oggi, venerdì 1 agosto, Marco Cappato, tesoriere della stessa associazione, durante una conferenza stampa svoltasi a Trieste.

Il caso Oppelli riporta al centro del dibattito pubblico il nodo irrisolto del fine vita in Italia, evidenziando le difficoltà burocratiche e istituzionali che, secondo l’Associazione Coscioni, ancora impediscono l’attuazione piena della sentenza della Corte costituzionale sul suicidio assistito. La denuncia di Martina, depositata prima della sua partenza per la Svizzera, rappresenta un atto di accusa forte nei confronti della struttura sanitaria che, a suo dire, avrebbe omesso atti dovuti e la avrebbe costretta a sofferenze ingiustificate.