Troppo stress da imposte: vorrei vivere a San Marino

Il mio nome è Cosimo Tèrmite, ho 57 anni, sono di Taranto, lavoro in una società estera basata in Kazakhstan e sono vittima del Fisco italiano. Ecco la mia storia.
Nel maggio 2007 le Entrate di Taranto mi inviano un questionario – lo stesso inviato a due miei colleghi di Matera e Vicenza – circa la provenienza di alcune somme del mio c/c bancario. Io rispondo a tutto: sono emolumenti percepiti al netto delle tasse pagate ad Astana; dimostro la mia permanenza estera superiore a 183 giorni; dico di non aver mai presentato il 730 perché non ho altre proprietà oltre la casa in comunione con mia moglie; e invio all’Agenzia di Taranto la convenzione Italia-Kazakhstan. Alla fine, soddisfatti delle mie risposte (così credevo…), i funzionari non mi hanno fatto alcun verbale. Ma nel 2008 mi è arrivato un accertamento esecutivo per il pagamento di una sanzione per «omessa dichiarazione» relativa al 2001 – 2002 – 2003.
Subito chiedo ai colleghi: a loro niente sanzioni. Fiducioso, vado all’Agenzia di Taranto dove mi dicono che le tasse kazakhe sono a posto, ma che avrei dovuto fare lo stesso il 730. Dimostro anche che, in base all’articolo 51, comma 8bis del Tuir e al reddito convenzionale, sarei andato a credito di circa 15mila euro per ogni anno e che quindi non avevo evaso niente. Ma la cosa si stava ingarbugliando poiché scopro che, non essendo dipendente di un’azienda italiana, non avrei potuto accedere al reddito convenzionale. E decido di chiuderla lì: come indicatomi, entro 10 giorni pago la sanzione di 64 euro per ognuno dei tre anni contestati. Tiro un sospiro di sollievo: finito.
E invece l’11 agosto 2009 (notare la data) lo stesso ufficio mi notifica cinque atti di accertamento per evasione fiscale, ancora per gli anni 2001-2005: 450mila euro su un reddito di 240mila nell’intero periodo! Ovviamente faccio subito ricorso trovando (dal Kazakhstan) un avvocato tarantino a Ferragosto.
È passato quasi un anno, sono sempre all’estero, la pressione del Fisco su di me va ad alti e bassi. I ricorsi presentati nell’ottobre 2009 sono stati accolti per tutti i cinque anni; a febbraio 2010 ho ricevuto i relativi provvedimenti di sospensione dalla commissione tributaria; il 20 aprile nuova udienza, ma i commissari chiedono un rinvio (in pratica nessuno aveva letto i documenti). Io produco le traduzioni legali dei certificati 2001-2005 (russo-inglese-italiano: 2.500 euro), mentre la seconda commissione si riunisce l’8 giugno e discute un’ora con il mio legale, Fabrizio Del Vecchio, perché il componente delle Entrate presente era nuovo e non aveva letto le carte.

A luglio, ormai rasserenato e in attesa della delibera definitiva, torno ad Astana dopo un nuovo periodo di ferie e… trovo là ad attendermi una notifica di Equitalia per il «pagamento provvisorio» di tutti e 5 gli anni, in attesa del verdetto. E le sospensioni?! Sembra che Agenzia delle Entrate ed Equitalia non si siano parlate. Mi preparo a un altro agosto di ricorsi.
E i miei colleghi? Anche questo mi fa impazzire: uno di loro è andato più volte all’agenzia delle Entrate e gli hanno detto che non deve fare niente. E io?!? In questa situazione di frustrazione mi rendo conto di capire lo stato d’animo di chi abbandona l’Italia e sceglie di trasferire la propria residenza a San Marino!
Cosimo Tèrmite
Testo raccolto da Lionello Mancini – Il Sole 24 Ore