Sale l’indignazione del mondo per la morte di Alexei Navalny, ovvero il principale oppositore di Putin.
Non starò qui a spiegare la gravità dell’accaduto, immagino si spieghi e si commenti da sé.
Registro come in Russia, chi si oppone alla dittatura, fa una brutta fine.
Possiamo discutere di tutto, ma questi sono fatti incontrovertibili.
Ne tenga conto chi ancora non ha ben deciso da che parte stare.
Premesso ciò, non penso che nella guerra tra Ucraina e Russia, si possa parlare di buoni contro cattivi.
Il riferimento naturalmente è a Siria, Iraq e Afghanistan. Insomma, chi è senza peccato, scagli la prima pietra. Perché se i russi hanno le mani sporche di sangue, Nato e Occidente non sono da meno.
Non a caso c’è un’altra vicenda che dovrebbe tenerci col fiato sospeso, le antenne dritte, drittissime e occupare lo stesso spazio in tv e sui giornali della tragica morte di Navalny.
Sta infatti per giungere il “Day X” per Julian Assange.
Tra oggi e domani, l’Alta Corte di Giustizia britannica si confronterà per valutare l’istanza d’appello avanzata dagli avvocati del fondatore di Wikileaks, che mira a contrastare la sua estradizione verso gli Stati Uniti.
Un verdetto negativo potrebbe tradursi in un’immediata consegna di Assange, lasciando come ultimissimo spiraglio il ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
Il caso di Julian Assange risale al 2019, quando è stato detenuto nel rigido carcere di massima sicurezza di Belmarsh, in attesa della decisione sull’estradizione richiesta dagli Stati Uniti. Assange ha rivelato documenti classificati a partire dal 2010, tra cui quelli che evidenziano crimini di guerra commessi durante conflitti internazionali, soprattutto – ma guarda un po’! – in Afghanistan e Iraq, da parte degli Stati Uniti e di altri attori. Le autorità statunitensi non solo lo accusano di complicità nell’hacking dei file del Pentagono, ma anche di violazione dell’Espionage Act del 1917, una legge mai precedentemente utilizzata per perseguire la divulgazione di documenti segreti attraverso i media.
Le implicazioni di un’eventuale estradizione negli Stati Uniti per Assange sono gravi, con una possibile condanna a 175 anni di prigione. Vi è anche preoccupazione per le sue condizioni di detenzione e il rischio che l’uomo venga sottoposto a un regime carcerario estremamente degradante. Il caso è avvolto nel segreto e una volta negli Usa la sorte di Assange parrebbe segnata.
Non male per qualcuno che si è limitato a rivelare la verità.
Navalny, Assange, Russia, Usa, Iraq, Afghanistan: non so a voi, ma a me viene in mente la settimana enigmistica e un gioco che tanto mi piaceva fare quando ero bambino… come si chiamava? Ah sì, trova le differenze.
Mi rendo conto della grossa provocazione. Eppure non combattiamo o non dovremmo combattere per diventare come loro. Se scendiamo al livello dei nostri nemici, i mostri siamo noi.
David Oddone
(La Serenissima)