Trump al Congresso: un’inchiesta sulle intercettazioni di Obama

New York. Trump rilancia. Dopo le sue accuse all’ex presidente Barack Obama di averlo spiato mentre era ancora candidato alla Casa Bianca, ma soprattutto dopo la richiesta della stampa americana, dell’opinione pubblica, dei Democratici e di alcuni rappresentanti della destra Usa di aggiungere prove alle sue dichiarazioni, gravi ma per ora inconsistenti, il presidente aggiunge il carico chiedendo una vera e propria indagine parlamentare. Neanche una smentita dell’Fbi, inviata al dipartimento di Giustizia subito dopo il primo tweet di Trump, lo ha fermato. La Casa Bianca – si legge questa volta in una nota ufficiale e non in un tweet – ha chiesto al Congresso di indagare su possibili abusi di potere da parte dell’Amministrazione Obama a ridosso delle elezioni del 2016. “Le notizie riguardanti possibili indagini motivate politicamente prima delle elezioni del 2016 – si legge nella nota – sono un grande problema. Il presidente Trump ha quindi richiesto che, come parte delle loro indagini sull’attività della Russia, le commissioni intelligence del Congresso esercitino la loro autorità di vigilanza per appurare se nel 2016 c’è stato un abuso da parte del governo nell’uso dei suoi poteri esecutivi”. “Nè la Casa Bianca – prosegue la nota – né il presidente commenteranno ulteriormente la vicenda fino a che questa supervisione non sarà portata a termine”.

Trump dunque non intende commentare oltre. Ma l’attenzione sulle bordate di Trump certamente non è destinata a scendere. L’Amministrazione Trump è in serie difficoltà sulla Russia-connection, il caso delle spiate di hacker russi vicini al Cremlino durante la campagna elettorale nelle mail di Hillary Clinton e di tutto lo staff dei democratici. C’è un’inchiesta dell’Fbi. Ma soprattutto negli ultimi due mesi sono spuntati i rapporti imbarazzanti di molti rappresentanti di peso della squadra di Trump con influenti funzionari russi, a partire dall’ambasciatore a Washington Sergej Kislyak. Rapporti ripetuti ed emersi dopo le numerose smentite arrivate sia prima che dopo le elezioni. La Russia-connection ha già fatto diverse vittime nello staff di Trump: il suo ex capo della campagna elettorale Paul Manafort e il superconsulente per la Sicurezza Michael Flynn si sono dimessi (Flynn a poche settimane dalla nomina) pizzicati ad aver mentito sulla natura dei loro rapporti con i russi. Anche il ministro della Giustizia, Jeff Sessions, è caduto nella rete della Russia-connection ed è stato costretto ad ammettere, dopo le rivelazioni del Washington Post, di aver incontrato l’ambasciatore pur avendolo smentito sotto giuramento in un’audizione al Congresso.

A molti, dunque le accuse di Trump a Obama, erano sembrate un tentativo di uscire dall’angolo. Le sue però sono accuse senza fondamento e hanno aperto un duro scontro. Già ieri il portavoce di Obama aveva smentito seccamente aggiungendo che non è nei poteri di un presidente in carica quello di ordinare indagini dei Servizi su un candidato. Oggi arriva una smentita dell’ex direttore della National Inteligence, James Clapper, in carica fino a poche settimane fa. “Non c’è mai stata un’indagine su Trump, né da presidente né da candidato. Così come mai c’è stata un’indagine sulla sua campagna elettorale”, ha detto in un’intervista alla Nbc. Anche l’Fbi ha bollato come “false” le accuse a Obama e già dopo la prima uscita di Trump il direttore del Bureau, James Comey, secondo quanto rivelato dal New York Times, aveva fatto pressioni sul dipartimento di Giustizia affinché smentisse pubblicamente quelle dichiarazioni (anche per sgombrare i dubbi sul fatto che l’Fbi avesse potuto violare la legge). I Democratici attaccano: “Ridicolo, è un insulto”, dice Nancy Pelosi leader alla Camera. Ma anche da destra arrivano critiche come quelle del senatore Marco Rubio, battuto da Trump alle primarie repubblicane: “Deve fornire spiegazioni”, ha detto. Ma Trump, così come tutta la sua Amministrazione, non spiega nulla, anzi rilancia. Repubblica.it