Tutte le balle di Grillo e le finte retromarce

Dall’annuncio di essere stanchino, in versione Forrest Gump, all’intenzione di fare un passo di lato per pensare al teatro, fino alla recente volontà manifestata di lasciare tutto nelle mani di Giuseppe Conte. Sono tante le volte in cui Beppe Grillo ha detto di volersi fare da parte, magari dedicandosi ad altro. In un ruolo meno visibile. Salvo poi tornare, in grande stile, sfasciando quello che aveva contribuito a costruire. Una conferma che non riesce proprio a stare lontano dal potere, in particolare della gestione del Movimento 5 Stelle, che ha co-fondato con Gianroberto Casaleggio.

Dopo l’intervento con cui ha indebolito la leadership di Conte, c’è stata l’ennesima conferma: finché avrà l’energia per farlo, Grillo sarà in scena. Con buona pace di chi lo vorrebbe più defilato o, addirittura, fuori dai giochi. Se davvero l’ex avvocato del popolo vuole guidare il M5S deve farsene una ragione: “Beppe”, come lo chiamano tutti i parlamentari, ci sarà sempre, pronto a rientrare sul palcoscenico all’improvviso. Senza alcun annuncio, peraltro.

Quando Grillo era stanchino

Del resto, da attore consumatori è un esperto di colpi di scena. È stato per anni il suo lavoro. Già nel 2014, anno della prima vera sconfitta del Movimento (alle Europee), annunciava di essere un po’ stanchino, citando una frase di Forrest Gump. Non riusciva più a correre appresso al suo Movimento, così nacque la mitologica creatura del direttorio, formato da Alessandro Di Battista, Luigi Di Maio, Roberto Fico, Carla Ruocco e Carlo Sibilia. Sembrava una svolta epocale, il momento in cui “i ragazzi”, come amava definirli, avrebbero potuto camminare da soli. Invece il direttorio è stato solo una meteora.

L’organismo politico dei pentastellati non ha lasciato grosse tracce nella storia: così è archiviato dallo stesso Grillo. Eppure l’ex comico aveva ribadito, nel 2016, il concetto di voler fare “un passo di lato”, annunciando il ritorno al teatro, in un’accorata intervista al Corriere della Sera. Quella era la sua passione, la recitazione, il pubblico: sembrava davvero stufo della politica. Poi la morte del suo sodale, Gianroberto Casaleggio, ha cambiato i progetti in maniera radicale: lo ha costretto a riprendere le fila del discorso per evitare lo sfarinamento del M5S. Appariva come una necessità, uno sforzo inevitabile dato il momento.

Il passaggio di consegne con Di Maio

Tanto che, dopo un anno, nel 2017, l’ex comico è sembrato di nuovo animato dal sincero sentimento di cedere lo scettro, incoronando Di Maio come numero uno dei grillini. “Da domani il capo politico del M5S non avrà più il mio indirizzo, tutte le denunce arriveranno a te”, scandì Grillo al momento della proclamazione. Aveva garantito di non sparire, ma le parole erano presagio di un “addio”. Qualcuno pensava a una fine dei giochi, Macché. Con l’indebolimento della leadership di Di Maio, durante il governo gialloverde, il fondatore è tornato in pompa magna, facendo tappa a Roma, nel 2019, con tanto di photo opportunity tra i due. Fu annunciata come il simbolo del sigillo della pace, ma era una forma di commissariamento da parte di Grillo. Anzi l’anticamera delle dimissioni di Di Maio da leader.

Insomma, “Beppe” c’è stato, sempre, rimescolando tutto. Lo stesso film sta andando in scena ora, nonostante il fondatore del Movimento avesse lasciato intendere di voler lasciare la sua eredità a Conte. Quell’ex presidente del Consiglio incensato con i migliori elogi nei mesi scorsi. Invece resta agli atti che, neppure questa volta, Grillo si è fatto da parte. Anzi. Anche se per Davide Casaleggio c’è qualcosa di più profondo: “Credo ci siano due visioni diverse del Movimento che stanno emergendo. Ho già espresso diverse volte il mio pensiero su M5s e su come si stia trasformando in qualcos’altro, i principi erano chiari fin ad un anno fa e ora meno e per questo ho deciso di prendere le distanze”. Ma, in fondo, un cavillo per non uscire di scena lo si trova sempre. Specie per un attore consumato.


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