Tutti i dati sull’immigrazione: ecco come avvengono i viaggi. Sbarchi fantasma e navi ong: le infografiche

La soglia psicologica dei mille è stata già superata il 15 settembre scorso quando il Viminale comunica l’arrivo in Italia 1003 migranti, in soli 15 giorni. Un dato importante in quanto certifica quella che, fino a pochi giorni fa, appariva soltanto come una mera sensazione: l’aumento di sbarchi sulle nostre coste. Per la prima volta dal 2017, infatti, si registra che il numero dei migranti approdati è in aumento su base annuale. Nel mese di settembre 2018, sono sbarcate 947 persone in totale, mentre al 15 di settembre di quest’anno, come detto, quella soglia viene già superata. La cifra illustrata dal Viminale, inoltre, non tiene conto dell’impennata di arrivi registrata negli ultimi giorni che certifica il boom di sbarchi.

Anche per questo motivo il nuovo governo giallorosso, insediatosi per l’appunto nel mese più nero sul fronte migratorio da due anni a questa parte, tiene molto a presentare come un successo le promesse  strappate nel corso del vertice di Malta. Sono due per il momento i fronti aperti che generano maggiore preoccupazione: da un lato quello libico, dall’altro quello ancora più spinoso che riguarda la rotta tunisina.

Chi arriva con le navi delle Ong

Il sopracitato vertice di Malta attua un distinguo tra migranti che approdano autonomamente in Italia e quelli che invece arrivano perché soccorsi da navi delle ong o da mezzi dei corpi militari, Guardia Costiera e Guardia di Finanza in primis. Soltanto questi ultimi, secondo quanto previsto dalla bozza che verrà poi esaminata dai ministri dell’interno dell’Ue il prossimo 8 ottobre in Lussemburgo, devono essere ricollocati nel resto d’Europa con una procedura automatica.

Solo una minima parte di chi arriva, quindi, lo fa con navi delle organizzazioni non governative ed è solo su questa parte che dovrebbe essere intaccato il nuovo meccanismo di redistribuzione europeo. Il fenomeno dei migranti che sbarcano con mezzi non autonomi riguarda soprattutto la rotta libica. In primis perché è a largo della Libia che si concentrano i controlli sia dei mezzi militari, a partire da quelli usati da Frontex o nell’ambito della missione Sophia, sia delle navi delle ong. In secondo luogo, dalle coste libiche è più difficile arrivare a Lampedusa od in Sicilia semplicemente con dei piccoli barchini. Chi parte dalla Tripolitania sa bene che dopo alcune miglia può contare sulla presenza di mezzi di soccorso o sulle allerte lanciate da network telefonici, come ad esempio Alarm Phone.

Sono poi questi mezzi che possono essere delle ong così come dei corpi militari maltesi o italiani, che trasportano i migranti dall’altra parte del Mediterraneo. Alcune volte dalla Libia parte una cosiddetta “nave madre”, spesso un peschereccio di medie dimensioni, che si spinge verso le acque italiane calando poi in mare piccole imbarcazioni. Ma questa tecnica, riscontrata dalla procura di Agrigento in almeno due occasioni negli ultimi 12 mesi, è sempre meno utilizzata lungo la rotta libica ed appare invece di gran lunga più in voga tra gli scafisti che organizzano i viaggi dalla Tunisia. La rotta che ha nei porti libici i propri punti di partenza, conta quindi molto di più sulla possibilità di far approdare i migranti con mezzi militari o delle ong. Chi arriva in Italia con questa modalità, appartiene quasi sempre a gruppi di persone originarie dell’Africa subsahariana, che attendono per mesi in Libia la possibilità di partire e pagano enormi esborsi alle organizzazioni criminali che sfruttano il loro stato di necessità.

Chi arriva tramite gli sbarchi autonomi

Fino al 2017, la rotta libica costituisce il maggiore spauracchio per il governo italiano. Il codice delle ong prima, varato dall’allora ministro Marco Minniti, e le situazioni venutesi a creare all’interno della Libia poi fanno sì che, ad oggi, il numero di migranti che arrivano in Italia da qui sia marginale rispetto a quello delle persone che sbarcano in modo autonomo. Il braccio di ferro con il governo gialloverde e la linea del ministro Matteo Salvini, fanno poi il resto sul fronte delle Ong. Come detto, gli sbarchi fantasma sono in aumento e costituiscono in questa fase la stragrande maggioranza degli approdi nel nostro paese. Questa modalità di sbarco è proprio soprattutto della rotta tunisina. Raggiungere le coste di Lampedusa o delle province di Trapani ed Agrigento dalla Tunisia  è molto più semplice ed è possibile farlo tramite imbarcazioni di modeste dimensioni.

Fino a qualche settimana fa, si riteneva che per mezzo degli sbarchi fantasma arrivassero soprattutto tunisini. In effetti, le persone di nazionalità tunisina costituiscono almeno il 25% complessivo del numero dei migranti arrivati in Italia nel 2019. Ma da questo mese di settembre si è notato un cambiamento: dal Paese nordafricano sono arrivate anche persone di origine subsahariana. Questo testimonia come la Tunisia stia diventando sempre di più l’epicentro del fenomeno migratorio verso l’Italia, con la rotta tunisina utilizzata anche da quelle organizzazioni criminali prima operanti in Libia. Tutto ciò spiega anche come mai siano oramai gli approdi autonomi a destare maggiori preoccupazioni alle autorità del nostro paese.

Lo sbarco fantasma è un fenomeno che riguarda anche un’altra rotta sempre più frequentata in questi ultimi mesi, ossia quella turca. Dall’Egeo, a bordo di barche a vela, si arriva in Calabria e soprattutto nelle province di Reggio Calabria e di Crotone. A frequentare questa rotta sono soprattutto pakistani, bengalesi, iracheni ed iraniani. A settembre, sono più di 200 coloro che sono arrivati in Italia dalla Turchia in modo autonomo. Il Giornale.it