Umberto Veronesi contro le cure alternative anti-cancro: “Difendo la chemioterapia dalle tante false promesse”

International Participants Meeting Expo 2015 - Tavola Rotonda "Carta 2015"“Il cancro non è più una malattia incurabile e le moderne terapie possono salvare la vita salvaguardando anche l’identità psico-fisica della persona”. Umberto Veronesi scrive sulla Repubblica dopo aver assistito alle drammatiche storie recenti di due donne che, per seguire “false promesse” di guarigioni miracolose, hanno rifiutato la chemioterapia e sono morte. “Una ferita aperta per tutti noi oncologi. Ma è anche un grido d’allarme”.

Nel nostro Paese purtroppo la fuga verso le false promesse di chi disconosce la medicina e proclama di aver trovato la vera cura contro il cancro o un’altra malattia grave, non sono una novità. Solo da pochi mesi si è conclusa la vicenda di Stamina, il laboratorio che promettendo cure risolutive per malattie neurologiche gravissime che spesso colpiscono i bambini, aveva spinto madri disperate ad abbandonare per i figli le terapie scientificamente testate e applicate in tutto il mondo. Non solo. Il responsabile del laboratorio è riuscito nell’impresa di creare un gruppo di sostenitori che accusavano medici e istituzioni di boicottare un “santo guaritore” per puro interesse economico, creando smarrimento profondo nelle famiglie che avevano in casa un bambino con la stessa malattia. Quelle di Eleonora, morta pochi giorni fa di leucemia a 18 anni eAlessandra, mancata a 34 anni per tumore del seno, sono storie che seguono la stessa tragica dinamica che induce una persona in un momento di fragilità estrema (Eleonora quando si è ammalata era anche minorenne, e il suo dramma si è automaticamente riversato sui genitori) a seguire qualsiasi imbonitore che sappia dare una speranza in più.

Veronesi evidenzia come il rifiuto della cura tradizionale, in questi casi, sia legato alla paura degli effetti collaterali. Un aspetto su cui l’oncologo non nega che si possa fare di più, pur sottolineando gli enormi passi avanti compiuti, una vera e propria rivoluzione di pensiero.

“Bisogna liberare la chemioterapia dallo stigma di cura devastante, che fa paura più del cancro stesso. Bisogna anche affrancarla dalla sua associazione alla terapia per moribondi, che si somministra quando non c’è più niente da fare. Va detto che in passato è stata utilizzata in modo improprio e per molti anni è stata effettivamente prescritta a dosi altissime, senza alcuna considerazione per gli effetti che avrebbero avuto sul malato. Allora vigeva in oncologia il principio del massimo trattamento tollerabile: si applicava in chirurgia, in radioterapia e in chemioterapia la dose (o l’amputazione) maggiore che il paziente potesse tollerare. Inoltre la chemio veniva effettivamente effettuata anche per pazienti in stadio avanzato, che avevano pochissime o nessuna chance di beneficiarne. Ma negli ultimi decenni è avvenuta una rivoluzione di pensiero per cui nella cura dei tumori si applica il principio del minimo trattamento efficace: si ricerca la dose più bassa o l’intervento più limitato in grado di assicurare l’efficacia oncologica. Così è sparita la chirurgia mutilante, la radioterapia ustionante e anche la chemioterapia che devasta inutilmente l’organismo. Certo, i farmaci chemioterapici rimangono una terapia pesante e impegnativa per la persona ed è inutile negarlo. Ma gli sforzi enormi per ridurne gli effetti collaterali stanno sortendo risultati significativi.

La chemioterapia è sempre più una terapia mirata e personalizzata. Gli oncologi hanno inoltre imparato a controllare il lato psicologico ed estetico.

Per esempio all’Istituto europeo di oncologia è in sperimentazione un caschetto che, indossato durante l’assunzione della chemio, riduce o azzera la perdita di capelli. Certo molto ancora resta da fare e non solo sul fronte della ricerca medica che ci può mettere a disposizione nuovi strumenti, ma anche e soprattutto su quello del rapporto medico-paziente. I vari guaritori hanno successo con i malati e le loro famiglie perché dedicano molto tempo al dialogo. Senza perdere la sua scientificità anche la medicina deve recuperare la sua capacità di prendersi cura della persona nella sua unità inscindibile di mente e corpo, come faceva la medicina olistica dell’antichità.

Veronesi si scaglia contro i “ciarlatani” che predicano terapie miracolistiche.

“Il miglior antidoto contro i ciarlatani è un rapporto di fiducia fra medico e paziente. Non auspico con questo un ritorno alla medicina paternalistica, in cui il medico- padre, arroccato nel suo sapere, prendeva arbitrariamente le decisioni per il malato. Al contrario ribadisco che queste dolorose vicende che ci amareggiano e ci sconvolgono, non devono far vacillare il principio costituzionale che regge la medicina moderna: la libertà di cura. Che significa anche libertà di rifiutare la cura”.

Huffingtonpost.it

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