Sabato 12 febbraio 2011 presso la Sala Montelupo di Domagnano, San Marino ricorda Luigi Einaudi (1948-1955), primo Presidente eletto della Repubblica Italiana.
Prosegue così la serie di convegni su “I Maestri di Libertà”, ideati e promossi dal professor Renato Di Nubila, con la collaborazione della Biblioteca di Stato e Beni Librari della Repubblica di San marino, dell’Università di Padova e di relatori delle Università di Pisa, Torino, Politecnica delle Marche e del Centro di Studi Storici dell’Università di San Marino. E ad aprire la serie degli interventi del Convegno sarà lo stesso nipote del Presidente, l’architetto Roberto Einaudi.
Nel 50° dalla sua scomparsa, la Repubblica di San Marino vuole ricordare l’uomo, il pensatore, il professore, ma specialmente l’illustre Maestro, il padre costituente, lo strenuo costruttore del nuovo Stato Repubblicano cui diede l’impronta della sua fede nella Libertà e nella democrazia, oltre che nella sapienza di ”tutore dell’osservanza della legge fondamentale della Repubblica” (Giorgio Napolitano).
Einaudi si pone oggi all’attenzione degli studiosi, dei politici responsabili, dei cittadini lealmente democratici e delle nuove generazioni, oltre che come Maestro di Libertà, anche come esponente illustre di quella scuola di pensiero liberal-democratico che ha decisamente concorso al Risorgimento e alla Rinascita dell’Italia del secondo dopoguerra.
Economista insigne, convinto europeista, stimato Governatore della Banca d’Italia, come “l’uomo giusto al posto giusto”, ministro e vice presidente del Consiglio, giornalista brillante, bibliofilo raffinatissimo, fu uomo politico dentro e fuori il Parlamento e poi Presidente saggio, competente e discreto.
Con il prezioso patrimonio del suo pensiero politico, sono rimasti celebri alcuni suoi detti, ancora attuali, alcune sue polemiche di alto profilo, alcuni suoi costanti richiami alla unità, alla buona politica, al buon governo:
“L’Unità del Paese non è data da prefetti e da provveditori agli studi e dagli intendenti di finanza e dai segretari comunali e dalle circolari ed istruzioni romane. L’unità del Paese è fatta dagli Italiani” ; e ancora :” A che serve la libertà politica a chi dipende da altri, per soddisfare i bisogni elementari della vita?Fa d’uopo dare all’uomo la sicurezza della vita materiale, dargli la libertà dal bisogno, perché egli sia veramente libero nella vita civile e …politica. La libertà economica è la condizione necessaria della libertà politica…”( in”elogio della libertà dell’uomo comune”, nella sua lunga polemica con Benedetto Croce); in altro passaggio: “…bisogna permettere agli uomini e alle imprese di lavorare nel rispetto degli altri: essi debbono educarsi da sé e rendersi moralmente capaci di prendere decisioni sotto la propria responsabilità”; e ancora: “Anche i liberali debbono porsi ad ogni momento il quesito:come debbo oggi risolvere i problemi del mio tempo, in guisa che la soluzione adottata giovi a conservare il bene supremo che è la libertà dell’uomo?”.
Il modello ideale di società liberale, ricercato da Einaudi, consiste appunto in due momenti essenziali, come i due fuochi del buon governo: la concorrenza e la discussione o, più in generale, il mercato e la sfera pubblica; buon governo fatto, per Einaudi, “di prudenza, parsimonia, laboriosità, onestà, professionalità, lealtà, fiducia, spirito di sacrificio”(Prediche inutili,1955-59).
Buon governo che il grande economista, con sano realismo, sintetizzò nell’espressione di un “perenne tentare e sperimentare” e nel “metodo della libertà” fondato sul principio del tentativo e dell’errore. La società liberale auspicata dall’illustre piemontese, si fonda, dunque, “sul riconoscimento della propria fallibilità e il riconoscimento delle ragioni degli altri”, implicando così la disponibilità all’ascolto e, soprattutto, al cambiamento.
“Ogni generazione deve riproporsi l’eterno problema del come preservare la “libertà dell’uomo”…., per indicare che il problema delle condizioni della libertà era sempre presente in Einaudi, estraneo all’idealismo filosofico ed erede della tradizione liberale personalistica.
A questo si aggiungeva il suo culto per “la verità come norma di azione”, da cui le sue dimissioni dal “Corriere dalla Sera”, quando il regime fascista, supportato da un consenso di massa, costrinse al ritiro il direttore Albertini, tanto che Einaudi scrisse: “il vero e sempre vivo problema della libertà è quello di difendere la libertà dei meno, contro la tirannide dei più”.
Un grande Maestro, dunque, che ben si propone oggi all’attenzione dei giovani e dei meno giovani, in tempo di crisi devastante, non solo sul piano economico, ma anche su quello dei valori civili ed umani, di cui Einaudi seppe dare coraggiosa testimonianza, pagando anche con l’esilio in Svizzera (1943-’44) la sua opposizione al fascismo e prodigandosi con il presidente del Consiglio Alcide De Gasperi per la ricostruzione di un Paese distrutto dalla guerra.
A questo Maestro, l’11 giugno 1953, la Repubblica di San Marino assegnò l’alta onorificenza di Cavaliere di Gran Croce: solo uno degli atti più significativi delle relazioni tra San Marino e il presidente Einaudi che, già in altri momenti, aveva avuto contatti, consulenze, richiesta di pareri, come massimo esperto di scienze della finanza ed economista di prestigio.
Oggi, a 50 anni dalla morte, la Repubblica dedica al presidente anche un francobollo commemorativo che sarà presentato al pubblico, in occasione del Convegno del 12 febbraio, cui la cittadinanza è invitata a partecipare.