
Fabio Savi, con il fratello Roberto uno dei capi della banda della Uno bianca, dal carcere di Bollate scrive una lettera al Resto del Carlino, rivolgendosi alla ex compagna Eva Mikula. “Ti piacevano i bei vestiti, i gioielli, i migliori profumi, i bei ristoranti e quei maledetti soldi che portavo a casa”. Ma “io sono piuttosto stanco – scrive ‘il Lungo’, unico non poliziotto della banda – di essere un mezzo di notorietà e guadagno. E la protezione dovrei chiederla io da te e non tu da me”.
Il riferimento del testo, trasmesso dall’avvocato Fortunata Copelli, è alle parole di Mikula degli scorsi mesi, quando disse di sentirsi abbandonata, chiedendo aiuto e protezione. “Dici che hai paura – continua Savi – sembri un disco rotto che nessuno ascolta più”. E rispetto alle telefonate in Ungheria che Mikula dice di aver fatto, così da contribuire all’arresto dei killer, non si considera, per il detenuto, “che agli atti esistono dei tabulati. Dovresti ricordare che eri libera di andartene quando volevi”. “Credi di dire ciò che vuoi, nella convinzione che io sopporti sempre tutto, ma comincio a stancarmi dei tuoi giochi Eva, non voglio rivolgermi alla Procura. Ma se continui su questa strada, a malincuore la notorietà che tanto cerchi infangandomi senza ritegno, la troverai in tribunale”.
“Mi sento come 26 anni fa, diffamata e intimorita, mi sento minacciata da chi mi ha anche accusata di concorso in omicidi e rapine e ho subito vari processi per questo. Assolta in tre gradi giudizio”, commenta Mikula all’ANSA. “E mi dispiace non averlo denunciato per calunnia già allora. Soltanto chi ha intenzione a delegittimarmi e intimorirmi, può prendere in considerazione le parole di Fabio Savi”, aggiunge la donna, di cui a breve uscirà un libro dove racconta la ‘sua verità’ sui fatti della Uno Bianca. (ANSA).
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