USA. «Con 20mila soldati si batte l’Isis» Luttwak: ma non li guiderà Obama

isisFRA TANTO sgomento e tanto allarme una sola cosa è sicura, Obama se ne lava le mani, ci dice Edward Luttwak, politologo americano.
Possibile? E dov’è finita la leadership americana?
«Leadership? Quale leadership? Obama non intende guidare l’Occidente contro questi fanatici che promettono di annientare l’Occidente cristiano».
E dunque per un anno gli Stati Uniti non si muoveranno.
«Esattamente».
Dobbiamo dunque rassegnarci ad altri attentati, altro sangue, altri lutti? Magari anche negli States?
«Dovunque. Questa è la situazione. Almeno sino a quando non subentri un altro presidente alla Casa Bianca».
Chiunque?
«Sì, chiunque sia il successore, repubblicano o democratico, chiamerà le cose con il loro nome e si comporterà di conseguenza».
Cosa vuol dire?
«Obama ha una chiusura mentale. Non pronuncia mai la parola guerra. Non chiama mai per nome l’Isis. Ma voi europei non notate che quando parla di terrorismo non aggiunge islamico? Che non usa mai il riferimento al radicalismo musulmano o alla natura musulmana della violenza praticata in Medio Oriente e altrove? Al massimo parla di estremismi».
Perché questa riluttanza?
«Per ragioni personali da una parte. Non dimentichiamo che da bambino in Indonesia ha frequentato scuole musulmane. E per ragioni ideologiche: proviene dalla sinistra del partito democratico, ha una cultura antimilitarista e votata al disimpegno».
Ma il disimpegno sta modificando gli equilibri geopolitici in Europa…
«Li ha già modificati. Gli europei oggi guardano a Mosca e non a Washington. Rinasce l’alleanza franco-russa come nell’Ottocento dopo la sconfitta di Napoleone».
Obama non se ne accorge?
«Non vuole vedere».
Che vuol dire? Che abdica al ruolo storico degli Stati Uniti?
«Per quanto riguarda l’Isis e il Medio Oriente questa è una realtà sotto gli occhi di tutti. La sua politica è stata disastrosa».
In che senso?
«Ha abbracciato i nemici, la teocrazia iraniana per esempio, e abbandonato gli amici. Ecco perché i Paesi del Golfo, Arabia Saudita in testa, sono furibondi. È il contrario della politica di Putin».
Putin cosa fa?
«Difende gli amici, come il dittatore Assad, e combatte i nemici».
È un paradosso.
«Lo è. Le ho detto prima che non chiama l’Isis per nome. È un particolare importante. Chi ha paura o rifiuta di nominare il nemico che vuole distruggerti, difficilmente riuscirà a sconfiggerlo. Voi italiani lo sapete bene: nel dopoguerra i siciliani rifiutavano di nominare la mafia. Solo quando questa paura fu superata, si cominciò a combatterla sul serio».
Eppure da un anno gli aerei Usa bombardano l’Isis.
«Bombardamenti simbolici. Una dozzina di incursioni al giorno. Erano 1200 contro l’Iraq. E in ogni caso la guerra non si vince con l’aviazione».
Ovvio. Questo lo sanno tutti. Ma secondo lei, che è stato per decenni consulente del Pentagono, il Califfo può essere sconfitto solo da francesi e russi?
«Certamente. Abbiamo di fronte dei selvaggi, capaci solo di tagliare la gola ai prigionieri, di schiavizzare civili inermi e di far saltare in aria i ristoranti di Parigi. Ma non sono addestrati. Hanno conquistato tanto territorio perché di fronte avevano eserciti demotivati e divisi da rivalità religiose».
Un corpo di spedizione russo-francese sarebbe sufficiente?
«Ne sono certo. L’Isis verrebbe battuto in poche settimane. Mi auguro con la partecipazione anche di altri europei. Dell’Italia in particolare, la più esposta alla minaccia terroristica dopo la Francia».
Quante truppe sono necessarie?
«Non molte. Direi 20mila soldati. Potrebbero partire da Latakia, la base russa in Siria, e da lì muovere verso i territori conquistati dall’Isis in Siria e Iraq».
Hollande sembra non avere rinunciato agli americani. Il 24 novembre a Washington insisterà ancora su Obama.
«Potrà insistere sin che vuole. Il presidente americano a mio parere è irrecuperabile. Non vuole concludere la sua presidenza con un’altra guerra».
Ma in Iraq ha già inviato 3500 elementi delle forze speciali.
«Non hanno compiti operativi, ma solo di consulenza e assistenza».