USA. «Obama alla guerra senza strategia» Gli americani non gli credono più

President Obama at 2014 Clinton Global InitiativeIL PRESIDENTE francese, Hollande, arriverà oggi a Washington per convincere Barack Obama a dare un maggior impulso alla lotta contro l’Isis. La Casa Bianca, dopo tante esitazioni, sembra decisa a dare un’accelerata alla sua azione militare soprattutto aerea e di intelligence. Il 63% per cento degli americani però è convinto, secondo l’ultimo sondaggio Cbs, che il presidente Usa non abbia una strategia contro i terroristi del Califfato e nemmeno la stia cercando. Gli americani non sono favorevoli a mandare altre truppe di terra su un nuovo fronte siriano, ma cresce la percentuale di coloro che vorrebbero vedere i militari, già presenti in Iraq e in Afghanistan, schierati contro gli uomini dell’Isis per sottrarre loro terreno e tagliare ogni forma di rifornimento e reclutamento.
Se fino a qualche giorno fa un asse Washington Parigi Mosca era inpensabile, dati i rapporti tra Cremlino e Casa Bianca, dopo la strage di Parigi, adesso che il premier britannico Cameron si dice pronto ad attaccare con i suoi bombardieri, la ricerca di una «vera coalizione» che includa anche russi e iraniani insieme alla Turchia e all’Arabia Saudita per arrivare a tutti i 65 paesi che a vario livello hanno aderito, potrebbe ottenere risultati più concreti di quanto non sia successo da un anno a questa parte.
Nonostante l’accusa di inefficienza, Barack non cambia linea e anzi in questa che sta diventando una guerra a guida francese, vuole spronare l’Europa a fare di più, a impegnarsi maggiormente con mezzi militari e con la condivisione dei dati di intelligence sul terrorismo.
Dopo il massacro di Parigi e la sindrome da nuovo 11 Settembre, i telegiornali americani che da 10 giorni trasmettono i notiziari in diretta dalla capitale francese, l’America sembra aver preso coscienza che il mondo ha ancora bisogno dell’appoggio e delle informazioni della più grande potenza del mondo. Barack, anche se i repubblicani come il senatore McCain e i canditati alla presidenza come Trump e Rubio lo spronano a intervenire con più determinazione, non sembra voler seguire minimamente le orme di George Bush che si inventò una «coalizione dei volenterosi» per invadere l’Iraq. Obama vuol lasciare la Casa Bianca nel gennaio 2017 senza aver trascinato l’America in una nuova guerra, dopo che l’intervento in Libia contro Gheddafi ha messo il paese in una situazione ancora più instabile e pericolosa per tutto il Nordafrica.

HOLLANDE oggi spera di ottenere altri marines e carri armati: missione impossibile. È più facile che li ottenga da Putin al Cremlino tra 48 ore. Il via libera dell’Onu è un segnale di unità significativo ma non è ancora un piano d’attacco comune. Nemmeno Putin nel frattempo sta con le mani in mano e la sua visita ieri a Teheran dove ha incontrato l’ayatollah Kamenei ha un peso rilevante sia sul fronte anti-terrorismo che sullo scenario siriano, entrambi strettamente interconnessi per la sorte dell’intero Medio Oriente.

«SENTO MOLTE frasi retoriche in giro – ha dichiarato Obama di ritorno dal suo viaggio in Asia – ma se qualcuno ha davvero delle idee si faccia avanti. La situazione è complessa e non può essere affrontata con battute superficiali a sfondo elettorale». La strategia, insomma, è diventata quella di non averne una, ma i droni, le forze speciali, gli F16 e l’intelligence continueranno a integrarsi sempre di più con le altre forze della coalizione a partire dall’intelligence civile e militare. Senza andare direttamente in guerra contro l’Isis.
Mentre il Dipartimento di Stato Usa ha dichiarato l’allerta mondiale sui viaggi a causa del «crescente rischio terrorismo».

La Stampa