
Per Obama e Putin «diventa imperativo risolvere la crisi siriana per poter schiacciare l’Isis». Anche la Casa Bianca che si è vista anticipare dai media turchi controllati dal governo di Erdogan la notizia del faccia a faccia tra il presidente russo e quello americano, ha giudicato il colloquio «costruttivo», lasciando intendere che questa nuova stretta di mano tra Barack e Vladimir potrebbe davvero accelerare l’intesa per la transizione a Damasco e fare anche chiarezza sul futuro del presidente Assad già sdoganato per partecipare ai colloqui con l’opposizione, ma il cui futuro di lungo periodo a Damasco si presenta sempre molto incerto.
LA STRAGE di Parigi, la disciplina quasi militare dei commando che sono entrati in azione simultaneamente, la vasta disponibilità logistica e di armamento di cui disponevano i terroristi, che sono stati capaci di infiltrare anche i grandi flussi migratori verso l’Europa, devono aver convinto Obama e Putin che non c’è più tempo da perdere. Invocato da più parti e da tempo, molti adesso sono convinti che un asse Mosca-Washington contro il terrore, inimmaginabile fino a qualche settimana fa, adesso diventi una scelta obbligata. Sicuramente il Cremlino preferirà appoggiarsi all’Iran mentre gli Usa faranno perno su Francia e Inghilterra già presenti con i loro caccia in Siria e in Iraq – con l’idea di allargare le operazioni a Libia e Sinai –, ma la svolta è nel decidere che ci dovranno essere interventi coordinati, precisi, tempestivi e con minor numero di danni collaterali possibile. Il presidente Assad potrà sedersi al tavolo delle trattative per la transizione già dal primo gennaio.
ANCHE SE non è affatto chiaro se nei due anni previsti dall’intero processo per arrivare a un nuovo voto a Damasco, continuerà a rimanere al suo posto o sarà disponibile a fare un passo indietro mantenendo magari solo formalmente il titolo di presidente senza la possibilità di ricandidarsi.
Sono queste le sostanziali differenze che sembrano ancora dividere Washington da Mosca, ma la ricerca di un cessate il fuoco generale che l’inviato delle Nazioni Unite Staffan de Mistura sta perseguendo senza risparmio, ha indotto sia la Casa Bianca che il Cremlino a una maggior flessibilità. Sul ruolo che Assad potrà davvero svolgere nella transizione da un lato e sulla sua effettiva durata alla guida della Siria dall’altro. In altre parole la sua rimane una figura a termine, questa volta anche col consenso tacito dei russi.