DAL BISCOTTO al «biscottone». Questione di dimensioni. Valentino Rossi rievoca il neologismo gastronomico per definire quello che in italiano ha almeno una manciata di sinonimi – inciucio (politicamente parlando), intrallazzo o ancora pastetta – e che storicamente si rivela assai indigesto per lo stomaco italico. Tanto da provocare indignazione. A maggior ragione ieri dopo che Lorenzo taglia per primo il traguardo e dietro di lui c’è Marquez più che un avversario, un guardaspalle in moto, così come lo definirà Valentino. E appena il sogno del decimo titolo mondiale di Vale si infrange, cominciano le imprecazioni. Quello di ieri era il «Valentino day» nelle piazze davanti ai maxischermi, nei ristoranti e nei tinelli di casa incollati ai televisori. Tutti a sperare nell’impresa impossibile. Possibile solo, sperando nel talento di Valentino che partiva però dall’ultima posizione – penalizzato dopo la gara di Sepang – e che doveva provare ad arrivare almeno secondo dietro al nemico Lorenzo. Il tutto dopo settimane in cui i toni si sono sensibilmente alzati e uno degli hashtag più utilizzati su Twitter è stato proprio #iostoconvale. Perché non era possibile pensare che il cosiddetto complotto spagnolo si concretizzasse e che a rimetterci fosse proprio Valentino e con lui, in un rinnovato spirito patriottico che si accende soprattutto durante i mondiali di calcio, l’intero Paese. E invece è andata proprio così. Lui, Vale, era una furia. E ha parlato di biscottone.
Il precedente biscotto, calcistico al tempo, a undici anni di distanza, non è stato ancora digerito, nonostante nel frattempo l’Italia sia riuscita a vincere il mondiale.
NELL’EUROPEO del 2004 Svezia e Danimarca avevano bisogno di un 2-2 per accedere entrambe al turno successivo e così andò, mentre gli azzurri del Trap tornarono a casa. Ieri Lorenzo aveva bisogno che Valentino – se fosse riuscito nell’impresa di superare quasi tutti – non gli finisse dietro o che in caso lui fosse arrivato secondo (ma non c’era pericolo con quel Marquez lì) Rossi non arrivasse terzo. E così è andata. Biscottone appunto, con guarnizione spagnola. Su cui l’attore Gene Gnocchi ha ironizzato, da par suo: «Lorenzo e Marquez subito dopo il MotoGp hanno firmato come testimonial della Barilla. Sostituiscono Banderas e Rosita». Ma il popolo di Vale – nonostante le attestazioni d’affetto dei vip (da Vasco Rossi a Fiorello) – era il più arrabbiato: «Non hanno voluto che vincesse». Intanto la polemica sull’asse Madrid-Roma si riaccende. Lorenzo, con tanto di abbraccio a Juan Carlos, dedica la vittoria del mondiale alla nazione. Dedica che sembra suonare come una beffa per gli italiani di fronte a quel podio tutto «made in Spagna» che non fa altro che rafforzare la tesi dell’alleanza iberica. E così i commenti sull’«antisportività spagnola» si sprecano, perché l’immagine di quel podio lì, nessuno riesce a togliersela dalla testa. E dagli occhi.
Il Corriere della Sera