«PER DUE ore mi sono finto morto e sono rimasto abbracciato a Valeria. I terroristi dell’Isis passavano tra i feriti del teatro Bataclan per dare il colpo di grazia alle vittime». È questo il racconto di Andrea Ravagnani, fidanzato di Valeria Solesin, sopravvissuto alla strage di Parigi in cui lei ha perso la vita. Dopo l’arrivo della salma all’aeroporto di Venezia nella mattinata di venerdì, gli inquirenti veneziani hanno interrogato Ravagnani, la sorella, e il compagno di lei: tutti e tre si trovavano al Bataclan la sera del 13 novembre. Raccontano di come Valeria sia stata trucidata dai terroristi, del colpo di fucile sparato dall’alto, del caos e del terrore.
IL PROIETTILE che l’ha uccisa ha centrato la ragazza sulla parte sinistra del volto: «È entrato nel naso, gli ha lacerato il labbro, ha trapassato la mandibola, si è conficcato nella spalla sinistra ed è uscito dalla schiena». La giovane non sarebbe quindi morta sul colpo, ma spenta lentamente tra le braccia del fidanzato che tentava di proteggerla. Falsa, quindi, l’iniziale ricostruzione secondo la quale Valeria e i tre amici si sarebbero persi di vista dopo gli spari, che nessuno sapesse cosa le era successo. Un tentativo di sopravvivere al dolore: forse Andrea aveva davvero rimosso, forse davvero sperava ci fosse una possibilità di ritrovare la compagna.
Intanto ieri mattina nell’atrio di Ca’ Farsetti, sede del Comune, è stata allestita la camera ardente, che resterà aperta fino a stasera alle 19. Domani arriverà anche Matteo Renzi. Il premier sarà a Venezia poco dopo le 13. La salma di Valeria è stata accolta dal sindaco Luigi Brugnaro e dal patriarca di Venezia, Francesco Moraglia, oltre che da centinaia di persone che hanno voluto porgere l’ultimo saluto alla giovane. Presente anche il sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta.
IL FUNERALE, a cui parteciperanno il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il Presidente della Camera Laura Boldrini, si svolgerà domani in Piazza San Marco. L’ultimo saluto scelto per Valeria non sarà «una cerimonia laica, bensì civile, perchè tutti possano partecipare senza che nessuno ci metta il cappello sopra. Questo è un momento che deve unire, dobbiamo cercare strade per unire. L’odio non unisce. Non costruisce nulla». A spiegarlo è il padre della ragazza, Alberto, fuori dalla camera ardente. «Le benedizioni mi vanno benissimo – continua – anche quella dell’imam. Noi crediamo nei valori che non dividono le persone». E aggiunge: «Non sono capace di odiare». Cosa sia davvero avvenuto in quella notte di sangue, Alberto Solesin non lo saprà mai, non lo vuole sapere: «Ho visto tante ricostruzioni sul colloquio che Andrea, il fidanzato di Valeria, ha avuto coi carabinieri. Io sono stato con lui tanti giorni a Parigi, non gli ho chiesto nulla e non voglio sapere. Sapere come sono andate le cose quella sera non cambia nulla nel destino di mia figlia e degli altri 131 sfortunati morti quella notte».
È UN DOLORE – quello del padre della giovane – atroce, dignitoso e schivo, ma soprattutto con un messaggio di speranza forte: andare avanti, tornare a vivere. Per non darla vinta a chi vorrebbe «far nascere quel sentimento di odio in noi». «Ho visto a Parigi gente piangere – aggiunge – ma tornare anche ad andare ai bistrot. È quello che dobbiamo fare noi: andare in giro».
Resto del Carlino