Nell’ambito del procedimento a suo carico, per il crac dell’ex società editrice de “La Voce di Romagna”, Giovanni Celli non sarà più sottoposto all’obbligo di dimora nel Comune di Verucchio. La misura cautelare è stata revocata dal dice per le Indagini Preliminari Fiorella Casadei, dopo l’accoglimento dell’istanza della difesa rappresentata dagli avvocati Alessandro Catrani e Nicola Mazzacuva del Foro di Bologna).
Secondo quanto riferito dalla stampa locale Celli sarà, ora, sottoposto alla misura della firma presso i Carabinieri, per quattro giorni a settimana. L’obbligo di dimora nel comune di Verucchio per l’ex editore, disposta sempre dalla GIP Casadei, nonostante il parere contrario del PM, derivava dalla revoca degli arresti domiciliari in cui la GIP aveva tenuto conto sia dell’età dell’indagato (ultrasettantenne) che della corretta esecuzione degli stessi dal 28 ottobre 2016.
I “guai” per Gianni Celli, fratello del più noto Pier Luigi, (ex Direttore Generale della RAI) sono iniziati, come si ricorderà, a seguito della dichiarazione di fallimento della società “Editrice La Voce” avvenuta nel luglio del 2015, per un debito che sfiora i 13 milioni di euro maturato nei confronti di oltre 100 creditori, fra i quali vi sono una trentina di giornalisti (ben 15 mensilità non pagate), INPGI (Istituto di Previdenza dei Giornalisti), Casagit (Cassa Sanitaria), Fondo complementare, agenzie stampa, fotografi e tipografie. Fallimento a cui è seguito anche quello di una partecipata da “Editrice La Voce”, la società “Bella Stampa” che editava il portale internet www.romagnanoi.it legato al giornale cartaceo.
Dalle dichiarazioni di fallimento, dunque, scaturiscono le indagini e i provvedimenti a carico dell’ex editore riminese nell’ambito del processo “Undertone” per bancarotta fraudolenta (avrebbe distratto fondi per 9,9 milioni a vantaggio di altre società a lui riconducibili) e malversazione ai danni dello Stato (avrebbe destinato circa 3,6 milioni di fondi pubblici dell’editoria ad altre attività).
L’indagine delle Fiamme Gialle, durata oltre un anno e mezzo, avrebbe accertato, infatti, che i contributi statali per l’editoria (circa 4 milioni di euro), sarebbero stati indebitamente utilizzati Celli per finanziare altre società a lui riconducibili che operavano in altri settori imprenditoriali, tra i quali anche quello immobiliare, imprese che non hanno mai restituito le somme ricevute, oltre ad aver sottratto risorse finanziarie elargite dallo Stato per sostenere l’attività editoriale, utilizzandole per propri scopi personali anche omettendo di pagare i dovuti compensi ai giornalisti dipendenti e di versare i relativi contributi.
Stando a quanto emerso dalle indagini, quindi, per mascherare una situazione economico-patrimoniale ormai irrimediabilmente compromessa, Celli secondo le accuse avrebbe falsificato i bilanci della società per gli anni dal 2011 al 2013, appostando crediti verso il Dipartimento dell’Editoria della Presidenza del Consiglio per importi superiori a quelli realmente vantati.
Infine, lo scorso gennaio l’ex editore de “La Voce” è stato condannato ad un anno e tre mesi per omesso versamento dell’Irpef dei propri dipendenti negli anni 2009-2010. Celli, secondo la sentenza del Tribunale di Rimini, avrebbe inizialmente ritardato i versamenti e in seguito smesso di pagarli. Il procedimento per l’omesso versamento Irpef è stato attivato su denuncia dell’Agenzia delle Entrate. Il giudice ha accolto la richiesta di condanna del Pm, mentre il difensore dell’imputato– l’avvocato Monica Cappellini – aveva chiesto l’assoluzione e ora preannuncia il ricorso in appello.
L’ex editore della Voce, indagato anche nel processo “Undertone” per bancarotta fraudolenta e malversazione ai danni dello Stato, intanto non è piu’ agli arresti domiciliari ed è sottoposto alla misura dell’obbligo di dimora nel territorio di Verucchio. Romagnanotizie.net