Vi racconto la mia Romagna
State tranquilli che ritornerà più forte.
Tin bota diceva Silvano Cardellini, giornalista riminese che non c’è più, che poteva fare qualsiasi carriera ma che da qui non si è mai voluto muovere, perché lontan da qui non si può star…. Come cantano i ragazzi che spalano il fango.
Tin Bota è Rimini, è la Romagna. Tieni botta, resisti, dai.
Non significa: passerà.
Significa: falla passare. È diverso, dai, rimboccati le mani, spala.
Cioè, non è resistenza, è resistenza sorridendo, cantando anche.
È resistenza ambiziosa.
Cioè, resisto, reagisco, farò meglio.
Non è soltanto, resisti, resisti tu.
No. È, resisto con te.
Cioè, ci sono anche io nella tua resistenza.
E nel riscatto.
Tin Bota.
È una terra così.
I ragazzi che spalano per strada sono figli di operai e figli di imprenditori, del bagnino e dell’avvocato.
Non ci sono differenze.
Tengono botta insieme.
Ma non ci sono differenze quasi mai.
Non conosco un’altra terra, come questa, dove fra il bagnino e l’avvocato, l’operaio e l’imprenditore non ci sono distanze. Quasi per niente. Molto meno che altrove.
È stato così per decenni. In buona parte è ancora così.
E non poteva essere diversamente.
Perché da un’industria che fa macchinari, poi sono nate 10, 20, 30 industrie che costruiscono macchinari. Ed erano operai diventati padroni che poi andavano in vacanza o al bar, con i colleghi operai.
Ed erano contadini quelli che dopo la guerra capirono che spostandosi dalla collina ricca al mare che era povero, potevano vivere meglio piantando ombrelloni nella sabbia al posto degli alberi in campagna.
Conosco un barista straordinario. Di Riccione.
Negli anni 60 era poverissimo, passava, in viale Ceccarini, dal marciapiede opposto a quello del miglior bar di Riccione. Non poteva permettersi di entrare. Consumare qualcosa.
Non molti anni dopo quel bar era suo.
Ha tenuto botta.
Tin Bota.
È una terra seria che non si prende sul serio.
La leggenda dice che Fellini era già Fellini quando passeggiando per il Corso, a Rimini, incontra un suo vecchio compagno che lavorava per il Comune, operaio che cambiava una lampadina e gli dice: che fai?
Intendendo, che fai nella vita.
E l’amico operaio risponde a Fellini: e tu che fai?
Intendendo che fai nella vita, a Fellini.
Cioè, ognuno pensa che quel che fa conta.
E lo fa bene. Perché in ogni cosa c’è un talento.
È una cosa enorme.
È la ragione prima del successo in Romagna.
Quindi spalando e cantando terremo botta.
Questa è la terra descritta meglio di tutti da Monsignor Ersilio Tonini e Luciano Ligabue.
Tonini disse: quel che accade nel mondo qui succede prima.
E Luciano Ligabue, in un suo film: Rimini è la città che vuoi.
È il talento che vede le cose prima, che le fa succedere, che le mette a disposizione di tutti, per tutti i gusti, per le possibilità, le ambizioni, gli interessi, lo stato sociale, di ognuno.
Possiamo non farcela? Dai. Tin Bota.
Io sono Salentino, leccese, non romagnolo.
Ma ho vissuto più di due terzi della mia vita qui.
Quando avevo vent’anni venni qui per studiare e lavorare. Lavorare per poter studiare.
Conoscevo quasi nessuno. E nessuno mi conosceva.
Andai un giorno da Paolo, politico e imprenditore riccionese, il caro Paolo che non c’è più, era il segretario del Psi di Riccione.
Mi piacerebbe far politica, gli dissi.
Ok va bene.
Qualche mese dopo mi chiama e mi dice: tu hai qualche numero, farai carriera, ma a Rimini, a Bologna, a Roma, ma non rompermi le balle qui! Capito?
Così è stato.
Cioè era, anche, non solo, ricordati da dove sei partito.
Finché c’è stato ha tenuto botta con me.
Mai accarezzandomi, mai prendendomi sul serio, ma mai ostacolandomi.
Solo qui, ne sono sicuro, partendo dal nulla, potevo fare il mio percorso sino a Roma.
Grazie Romagna mia.
Tin Bota.
Sergio Pizzolante