VITA SPERICOLATA (Le poche luci e le tante ombre su Albertino Buriani) … di un lettore

Riceviamo e pubblichiamo

Caro Direttore,
seguendo l’escalation di fatti attorno a questa nuova “Odissea Burianesca” mi è tornata alle orecchie la celeberrima canzone di Vasco Rossi “Vita Spericolata”.

Dalle carte pubblicate in questi giorni il nostro Albertino nazionale, al pari del cantante di Zocca, sembra aver voluto “una vita che se ne frega, che se ne frega di tutto, sì.”. Erano belli i tempi in cui Albertino godeva di un appoggio incondizionato della politica che, per timore o opportunismo, lo sosteneva.

C’erano, addirittura, i “Buriani Boys”. La notizia della loro esistenza arriva dalla “confessione” del Segretario Ciavatta, avvenuto nel Consiglio Grande e Generale dello scorso 29 ottobre 2010. Ciavatta, infatti, dichiarò: “I politici dovrebbero essere capaci di dire ‘ho sbagliato’. Io lo dico adesso: ho smesso d’incontrare nel suo ufficio ai Tavolucci il giudice Buriani verso aprile 2016, quando mi consigliò esplicitamente che avremmo dovuto come Rete entrare nella compagine di governo di Adesso.sm. Mi diceva che su Grandoni non c’erano elementi…, ‘entra in quel governo lì’, …io ero allibito. All’epoca moltissimi politici, potremmo fare l’elenco, frequentavano quell’ufficio e lui forniva informazioni privilegiate, ad esempio, sul Conto Mazzini. Eravamo i famosi Buriani Boys, al nostro fianco c’era Antonio Fabbri (…) che mi passava per email i mandati di arresto prima che venissero recapitati agli interessati con tanto di note calligrafe del giudice Buriani. Negli anni ho sporto denunce su questi elementi, tutte ovviamente archiviate”. Parole come pietre in un’altra parte dell’intervento: “Chi tocca Banca Cis muore. Grazie all’aiuto determinante del tribunale, di una parte del tribunale, erano i tempi in cui i Buriani Boys chiedevano come poter essere utili a quella che consideravamo una liberazione dalla corruzione politica, il Conto Mazzini. Solo la richiesta di schierarmi e di sostenere anche l’impunità di Grandoni, mi ha aperto gli occhi su come io fossi usato per scopi che nulla avevano a che fare con la giustizia” (https://m.facebook.com/rete.movimentocivico/videos/699270774027056/?refsrc=deprecated&_rdr.).

Parole che pongono gravi interrogativi e dubbi. In particolare su come la giustizia potrebbe essere stata telecomandata, al di fuori di ogni logica del diritto, di garanzia degli imputati e di corretta e trasparente informazione di cittadini sammarinesi e opinione pubblica, nel processo “Conto Mazzini” e non solo.

Impressionante, inoltre, il via vai dagli uffici del tribunale raccontato da Ciavatta corroborato, peraltro, dall’anticipazione di documenti strettamente riservati: roba da paesi totalitari.

Poi per Albertino, è arrivata la Commissione d’Inchiesta su Banca CIS, denunce, pesanti nubi sulla sua correttezza, sul suo operato e sulla sua integrità financo un rinvio giudizio.

Chissà se, in attesa di preparare il suo primo processo, il nostro Albertino avrà avuto modo anche lui di ascoltare la canzone del Blasco. E se starà pensando se almeno, tutto quel che gli viene contestato e attribuito, gli avrà fatto comunque vivere “una vita spericolata, come quelle dei film, una vita esagerata come Steve McQueen?”.

Un lettore