Una lezione per molti intellettuali e politici italiani putiniani o putinisti o semplicemente cretini.
Che non sanno cosa sia vivere in tirannia o sotto le bombe.
Che si fanno pagare, nei vari Talk ridotti a Suk, per dire che non bisogna umiliare Putin, che va scelto come interlocutore, che non va dichiarato criminale, che bisogna dargli vie di uscita.
Ci sono intellettuali che vanno in galera o muoiono per le loro idee e intellettuali che campano e si fanno pagare per dire che quelle idee, quel coraggio, quel sacrificio, non vale.
Vogliono la “pace” che condanna alla galera e alla morte, persone che lottano per essere libere.
Questa è la sua dichiarazione nel tribunale che lo condanna.


Un pezzo che parla di amore per il proprio paese, libertà e scelte coraggiose.
“Membri del tribunale: ero sicuro, dopo due decenni trascorsi nella politica russa, dopo tutto ciò che ho visto e vissuto, che nulla potesse più sorprendermi.
Devo ammettere che mi sbagliavo.
Sono rimasto sorpreso dalla misura in cui il mio processo, nella sua segretezza e nel suo disprezzo per le procedure legali, ha superato persino i “processi” dei dissidenti sovietici negli anni ’60 e ’70.
Senza contare l’asprezza della pena chiesta dall’accusa o le chiacchiere sui “nemici dello Stato”.
A questo proposito, siamo andati oltre gli anni ’70, fino agli anni ’30. Per me, come storico, questa è un’occasione di riflessione.
A un certo punto durante la mia testimonianza, il giudice che presiede mi ha ricordato che una delle circostanze attenuanti era “il rimorso per ciò che [l’imputato] ha fatto”. E sebbene ci sia poco di divertente nella mia situazione attuale, non ho potuto fare a meno di sorridere: il criminale, ovviamente, deve pentirsi delle sue azioni. Sono in prigione per le mie opinioni politiche. Per essermi espresso contro la guerra in Ucraina. Per molti anni di lotta contro la dittatura di Vladimir Putin. Per aver facilitato l’adozione di sanzioni internazionali personali ai sensi della legge Magnitsky contro i violatori dei diritti umani.
Non solo non mi pento di nulla di tutto ciò, ma ne sono orgoglioso.
Sono orgoglioso che Boris Nemtsov mi abbia portato in politica. E spero che non si vergogni di me.
Sottoscrivo ogni parola che ho detto e ogni parola di cui sono stato accusato da questa corte.
Mi incolpo solo di una cosa: che negli anni della mia attività politica non sono riuscito a convincere abbastanza dei miei compatrioti e abbastanza politici nei paesi democratici del pericolo che l’attuale regime al Cremlino rappresenta per la Russia e per il mondo.
Oggi questo è evidente a tutti, ma a un prezzo terribile: il prezzo della guerra.
Nelle loro ultime dichiarazioni alla corte, gli imputati di solito chiedono un’assoluzione.
Per una persona che non ha commesso alcun reato, l’assoluzione sarebbe l’unico verdetto giusto.
Ma io non chiedo niente a questa corte. Conosco il verdetto.
L’ho capito un anno fa, quando ho visto nello specchietto retrovisore gente in uniforme nera e maschera nera correre dietro alla mia macchina.
Questo è il prezzo per parlare oggi in Russia.
Ma so anche che verrà il giorno in cui l’oscurità sul nostro paese si dissiperà. Quando il nero si chiamerà nero e il bianco si chiamerà bianco; quando a livello ufficiale si riconoscerà che due più due fa sempre quattro; quando una guerra sarà chiamata guerra e un usurpatore un usurpatore; e quando coloro che hanno acceso e scatenato questa guerra, piuttosto che coloro che hanno cercato di fermarla, saranno riconosciuti come criminali.
Questo giorno arriverà inevitabilmente come la primavera segue anche l’inverno più freddo. E poi la nostra società aprirà gli occhi e sarà inorridita da quali terribili crimini sono stati commessi per suo conto. Da questa presa di coscienza, da questa riflessione, inizierà il lungo, difficile ma vitale cammino verso il recupero e la restaurazione della Russia, il suo ritorno alla comunità dei Paesi civili.
Ancora oggi, anche nell’oscurità che ci circonda, anche seduto in questa gabbia, amo il mio paese e credo nella nostra gente.
Credo che possiamo percorrere questa strada.