Il padre della responsabilità civile dei magistrati, l’uomo che con un emendamento mandò sotto il governo e mise in scacco le toghe, finisce indagato. Bancarotta fraudolenta e bancarotta semplice. È questo il capo d’imputazione ipotizzato a carico di Gianluca Pini, deputato della Lega Nord, sul quale sta indagando la Procura di Forlì.
A diffondere la notizia, ieri, il quotidiano Voce di Romagna . Al parlamentare, dopo accertamenti effettuati a suo carico dalla Guardia di Finanza, viene contestata una presunta distrazione di una somma di denaro in una società nel ramo edile-immobiliare, in cui Pini aveva una partecipazione, prima che la stessa, in gravi difficoltà economiche, fallisse (assieme a Pini sono coinvolte tuttavia altre persone).
Mercoledì scorso, al deputato leghista è stato notificato l’avviso di conclusione delle indagini, chiuse dal procuratore della Repubblica Sergio Sottani e il sostituto Filippo Santangelo, e ora il deputato avrà venti giorni di tempo nei quali potrà presentare documentazione o farsi interrogare. A questo, successivamente, seguirà la richiesta del pm sull’esito delle indagini preliminari e la valutazione del Gip su archiviazione o rinvio a giudizio.
«Si tratta di una società da cui l’onorevole Pini è fuoriuscito oltre cinque anni fa – ha dichiarato il suo legale, Carlo Nannini – A una prima lettura delle carte che approfondiremo vi è da interrogarsi sul perché Gianluca Pini compaia fra le persone indagate e non figuri invece tra quelle danneggiate». Il diretto interessato, poi, alla Voce di Romagna ha ribadito la sua estraneità alle accuse. «Dalla società fallita il sottoscritto non ha mai distratto alcunchè – ha evidenziato Pini – e non avevo alcun potere di firma nel conto corrente, e non ho mai avuto un centesimo di compenso o di rimborso, né durante la presenza nella compagine sociale, né dopo aver ceduto le quote». Il parlamentare del Carroccio ha spiegato inoltre che «quando si è reso necessario, il sottoscritto ha ricapitalizzato la società, quindi ci ha messo i soldi, non ne ha presi». Insomma, ha proseguito, «in quell’esperienza imprenditoriale, della quale mi sono occupato marginalmente e solo nel primo anno di attività, ci ho solo messo soldi e pagato una marea di tasse una volta cedute le quote; oltre il danno, la beffa quindi. Anche perché per essere accusati di bancarotta bisogna aver preso scientemente qualcosa della società stessa, cosa che gli atti di indagine paiono smentire».
Dalle sue parole, inoltre, sembra emergere una sfumatura politica della vicenda: «Prendo atto – ha detto Pini – di essere sempre nei pensieri di qualche avversario politico, ma certe intemerate rischiano di diventare dei boomerang». Tuttavia, ora si apre il periodo di attesa del confronto con gli inquirenti. Elemento di cronaca politica: Gianluca Pini (che in questi giorni sta affrontando la sanzione di 15 giorni di sospensione per alcune proteste troppo accese alla Camera) negli ultimi anni si è distinto nell’impegno parlamentare per il riconoscimento della responsabilità civile dei magistrati, tanto che, in questa legislatura, a differenza del suo gruppo alla Camera che si è astenuto, ha votato a favore della legge in materia del governo Renzi.