Volley. Gianni: “Italia scusa, devo batterti”.

volley-ballQUANDO la metti per 474 volte, la maglia azzurra diventa un tatuaggio sulla pelle. Andrea Giani contro l’Italia: si fa quasi fatica a farle stare nella stessa frase, queste parole. Eppure domani a Sofia sarà così, gli azzurri agli Europei incontreranno in semifinale alle 16,45 (Rai 2) la Slovenia allenata dal monumento vivente del nostro volley.
«In effetti sarà strano, non so come mi sentirò, sarà una prima volta assoluta, da avversario. Immagino sarò emozionato, ma anche che dopo la prima battuta mi saprò concentrare su quello che serve alla mia squadra, la Slovenia. In fondo ci sono già passato, quando da Parma mi trasferii a Modena».
Giani, stavolta però è diverso. Perché lei fino al mondiale scorso era nello staff azzurro, ed è stato uno degli epurati.
«Quello che è successo è successo. Onestamente, sono strafelice delle mie scelte, e non lo dico solo perché la Slovenia è arrivata per la prima volta a una semifinale dell’Europeo. Non sarei rimasto a fare l’assistente, Berruto non c’entra».
In che senso?
«Avevo già deciso che quello sarebbe stato il mio ultimo anno da assistente, che dal 2015 avrei accettato soltanto incarichi da capo allenatore. Sull’allontanamento del sottoscritto e di Andrea Brogioni sono già state spese tante parole».
Non ci dica che non avrebbe preferito trovare Berruto, da avversario, domani.
«No. Davvero, non fa differenza: non ho spirito di rivalsa né rancore. A me interessa soltanto vincere con la mia squadra. E poi ora che le vedo da un punto di vista esterno, mi sto rendendo conto di tante cose che prima non notavo, sul nostro movimento».
A che cosa si riferisce?
«Al fatto che negli ultimi anni non eravamo più visti come un punto di riferimento. Alla fine nello sport conta la vittoria, l’Italia non aveva più la considerazione che aveva in passato».
Però se le offrissero un giorno la nazionale azzurra, scommettiamo che non la rifiuterebbe.
«Ovvio, è il sogno di chiunque. E resto molto patriottico, anche se oggi alleno un’avversaria: quella maglia l’avrò portata per 35 anni, per me la nazionale è sempre qualcosa di speciale».
Lei e Blengini siete allievi dello stesso maestro: Velasco.
«E’ vero, e in alcune cose ne condividiamo i valori. Soprattutto nella disciplina e nel peso che diamo al lavoro. Poi è chiaro che ognuno deve reinterpretare a modo suo ogni insegnamento che riceve».
Che cosa pensa delle polemiche italiane sul doppio incarico?
«Che in certe cose siamo un po’ provinciali. Non ha senso fare una guerra di religione: per alcuni allenatori che sono animali da palestra, il doppio incarico è necessario. A me allenare sia il club che la nazionale sta facendo bene, mi sento arricchito dall’esperienza fuori dall’Italia».
Lei conosce molto bene gli azzurri. Partirà in vantaggio.
«Relativo. Ormai tutti studiano gli avversari benissimo, e comunque anche se possiamo indovinare la tattica di un alzatore o la direzione di una battuta, poi devi murare o ricevere. E quello lo fanno i giocatori in campo».
Si è messaggiato con i suoi ex giocatori?
«Sì, molti. Di sicuro c’è ancora tanto affetto, praticamente tutti sono miei ragazzi. Quando gli altri vedono con quanto calore ci salutiamo, restano sorpresi perché siamo avversari».
L’unico che non ha allenato è Juantorena. Toglierebbe lui o Zaytsev, se potesse?
«Sì, Osmany lo conosco ma solo da avversario. Sono due pilastri dell’Italia. E anche Giannelli sta dimostrando di avere un grande carattere».
L’ultimo ad essere arrivato in nazionale così giovane e protagonista era un certo Andrea Giani.
«E’ vero».

Resto del Carlino