Wikileaks, ecco come la Cia spiava (e spia) tutti noi

Wikileaks pubblica migliaia di file riservati sulla Cia: non solo telefoni e pc ma anche le tv hackerate per penetrare nei nostri segreti. Una delle centrali operative è a Francoforte. I rischi sulla proliferazioni delle cyber armi.

Si torna a parlare di Wikileaks. O meglio, di quello che il portale web di Julian Assange ha scoperto sul gigantesco sistema di spionaggio messo in atto dagli americani.

Questa volta al centro del dibattito finiscono 8.761 file. Una mole enorme di dati su una speciale divisione della Cia, impegnata nello sviluppo di software e hardware per compiere operazioni di spionaggio. Sistemi, ovviamente top secret, in grado di violare ogni momento della vita di ciascuno di noi. Come scrive Repubblica, che ha avuto accesso a questi file in esclusiva, questo scandalo potrebbe aprire una nuova crisi in seno alla Central intelligence agency. Visto e considerato che questi file, pubblicati oggi, sarebbero solo “la punta dell’iceberg” del materiale scottante, che deve comunque ancora essere analizzato con attenzione dagli esperti informatici.

Wikileaks parla della “maggiore fuga di dati di intelligence della storia”. Questo progetto va sotto il nome di ‘Vault 7’ e il primo gruppo di documenti pubblicato oggi, intitolato “Anno zero”, mostra i sistemi di hacking della Cia, con software maligni e armi informatiche utilizzate dall’agenzia di spionaggio Usa. Da un primo esame dei documenti, che Wikileaks spiega di aver ottenuto da una persona che ha avuto accesso a questa rete quando la Cia ne ha perso il controllo, emergono anche alcuni riferimenti all’Italia. Ad esempio questo: la Cia si è interessata ad Hacking Team, l’azienda milanese di cybersecurity che nel 2015 subì un attacco hacker: “I dati pubblicati su internet – scrive la Cia – includono qualsiasi cosa uno possa immaginare che un’azienda abbia nelle proprie infrastrutture nell’interesse di apprendere da essi e di usare (questo) lavoro già esistente, si è deciso di analizzare alcune porzioni di dati pubblicati”.