QUANDO ha parlato dei venti bambini uccisi nella scuola elementare di Sandy Hook gli sono scese le lacrime e non le ha fermate. Barack Obama nell’annunciare ieri alla Casa Bianca le nuove misure di controllo per il possesso delle armi che il presidente ha trasformato in un «ordine esecutivo» con effetto immediato, non ha nascosto la sua fragilità e la sua rabbia alle telecamere in diretta. Ha quasi voluto rimarcare questo suo dolore costante nei confronti delle giovani vite spezzate perché pistole e fucili automatici in America finiscono con troppa facilità nelle mani di persone con squilibri mentali o di criminali senza il minimo controllo di sicurezza.
«LE MIE MISURE – ha detto il presidente – non sono contro il Secondo emendamento della costituzione, che garantisce il diritto a ciascun cittadino di possedere un’arma. Voglio solo evitare, quando è possibile, che queste armi uccidano persone innocenti e senza motivo. Le lobby possono tenere in ostaggio il Congresso, ma non possono tenere in ostaggio l’America intera che ogni anno conta oltre 30.000 vittime da armi da fuoco».
Circondato da molti famigliari dei bambini uccisi in Connecticut e degli ultimi massacrati a San Bernardino, Obama – poche ore dopo che una bambina di due anni era stata uccisa per sbaglio con un colpo di pistola da un amichetto in Georgia – ha insistito molto sul «senso comune» della sua decisione che «non nega affatto il diritto di possedere un’arma, ma fissa le condizioni affinché questo possa avvenire». Una di queste regole diventerà il controllo della fedina penale prima dell’acquisto da un lato, e di eventuali problemi psichici dall’altro. Questo varrà anche per i venditori di armi sia via Internet che nei mercatini di paese o nei negozi delle città e dei supermercati.Dovranno registrarsi e avere una licenza. «Centinaia di migliaia di americani hanno perso sorelle e fratelli e seppellito i propri figli. Siamo l’unico paese al mondo – aggiunge Obama – in cui le stragi avvengono con una frequenza così rapida».
Il suo appello al buonsenso – pronunciato davanti all’ex parlamentare Gabrielle Giffords, rimasta gravemente ferita cinque anni fa durante la sparatoria di massa avvenuta a Tucson, in Arizona – non è stato però raccolto dai candidati alla presidenza repubblicani e dal portavoce della Camera Paul Ryan che ha subito replicato mentre Barack ancora parlava: «Gli ordini di Obama sulle armi saranno sfidati in tribunale».
HILLARY CLINTON però si alza con forza in difesa di Barack per dire: «grazie presidente per aver fatto un passo cruciale contro la violenza delle armi. Il nostro prossimo presidente deve rafforzare questo progresso e non allontanarsene».
Per Donald Trump e Marco Rubio la risposta invece è identica: «Cancelleremo quel provvedimento nel primo giorno della nostra presidenza».
Obama era consapevole che la sua stretta sulle armi, anche se non tocca la legislazione, avrebbe scatenato polemiche e controversie, ma il presidente al quale rimangono poco più di 12 mesi di mandato, tira dritto e lancia questo tema nel dibattito della campagna elettorale sperando che questa volta sia la gente a decidere e a riflettere e non deputati e senatori in scadenza come lui.
Resto del Carlino