Un testimone il cui nome è top secret ha indicato ai pm di Perugia dove sarebbero custoditi i “tesoretti” accumulati e nascosti in banche estere dai funzionari pubblici Angelo Balducci, Fabio De Santis, Claudio Rinaldi e Mauro Della Giovampaola e dal commercialista di Diego Anemone, Stefano Gazzani. Una parte, circa 10 milioni di euro, è già stata individuata in un paio di istituti di credito di San Marino: sono intestati o comunque riconducibili a Gazzani, De Santis, Rinaldi e alla madre di quest’ultimo, Mimma Giordano.
Un “gruzzolo” che si aggiunge a quello già rintracciato nei mesi scorsi in alcune banche del Lussemburgo. Anche quei soldi, 5 milioni di euro, occultati nella agenzie dell’Unicredit, erano stati collegati a Balducci e Rinaldi.
E se da un lato si cercano i conti, dall’altro si tenta di fare luce sulla lista di Anemone e sui metodi di corruzione del costruttore. Gli inquirenti perugini hanno già riscontrato 40 ristrutturazioni fatte dalle ditte di Diego Anemone. I “beneficiari” fanno parte dei 412 nomi inseriti nel “libro mastro” del costruttore. Tra i lavori registrati ci sono anche quelli nell’appartamento con vista Colosseo di Claudio Scajola, comprato con il “contributo” di 900mila euro dell’imprenditore. Tra i documenti trovati, ci sono le fatture delle ditte subappaltatrici, ma ancora non c’è traccia dei pagamenti fatti dai proprietari o dagli affittuari degli appartamenti “curati” da Anemone e Balducci.
Non c’è solo quello. I pm di Perugia stanno anche cercando riscontri alle dichiarazioni rese dal leader dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, interrogato due giorni fa nella caserma dei carabinieri del Ros di Roma. Agli investigatori l’ex sostituto avrebbe consegnato una lettera inviata al presidente del Consiglio dell’epoca, Romano Prodi, e al comitato dei Ministri coinvolti nelle celebrazioni dell’anniversario dell’Unità d’Italia. Alla fine della lettera, c’è un post scriptum in cui Di Pietro, già nel novembre 2007, evidenziava che gran parte degli appalti per i 150 anni dell’Unità d’Italia, potevano finire, come poi è successo, nel mirino della magistratura. “P. S. Vi prego (scriveva l’ex magistrato, ndr) ci stiamo avviando verso macroscopiche violazioni di legge e questo non può essere accettato, se riscontrato”. Molti i riferimenti ad Anemone e al suo gruppo. Di Pietro ha anche chiamato in causa indirettamente Romano Prodi e Francesco Rutelli. Nella lettera denunciava anche il fatto che la Struttura di Missione per gli appalti che faceva capo ad Angelo Balducci si era trasformata da “struttura di supporto” a “centrale di committenza” con procedure di assegnazione non proprio limpide. In particolare per quanto riguardava i lavori dell’Auditorium di Isernia, del Palazzo della Musica di Firenze e del Palazzo del Cinema di Venezia. In questi casi c’erano, secondo il leader dell’Idv, “elementi di criticità e anomalie”.
Accuse che hanno bisogno di conferme. E per questo i pm non escludono di ascoltare prossimamente i ministri del governo Prodi. “Vedremo più avanti”, dice un inquirente. E in procura non si esclude nemmeno un altro interrogatorio del capo della Protezione Civile, Guido Bertolaso.
Ieri, intanto, c’è stata l’udienza per decidere del commissariamento delle sei aziende di Anemone. L’esito si saprà solo tra qualche giorno: il gup Massimo Ricciarelli si è riservato di decidere. I pm Alessia Tavernesi e Sergio Sottani hanno ribadito i motivi che li hanno spinti a richiedere il provvedimento: “La pratica corruttiva finalizzata alla gestione degli appalti era invalsa ormai da tempo, circostanza questa che crea serie perplessità sul fatto che il mero cambio dei vertici dirigenziali possa incidere in maniera concreta su detti metodi senza che vi sia l’attuazione di seri sistemi di controllo anche attraverso l’adozione di concreti ed efficace modelli organizzativi”. Richiesta bocciata dai legali di Anemone: metterebbe a rischio le imprese e il lavoro di 750 dipendenti.
fonte Repubblica