Si ricomincia. Male. L’autunno si presenta più grigio del previsto: la ripresa è lenta negli Stati Uniti, e minaccia di frenare anche in quelle economie – come Eurolandia, o l’Asia – che hanno sorpreso per la loro dinamicità; l’occupazione non aumenta come dovrebbe, e si teme la deflazione o, all’opposto, l’iperinflazione. Non va meglio in Italia dove per l’industria si profila un settembre grigio. La situazione è meno drammatica di due anni fa ma oggi c’è un problema in più: la politica economica.
Questi gli appuntamenti principali d’autunno in Italia e nel mondo.
È il paradosso del 2010. Le misure monetarie e fiscali – necessarie, chieste da tutti a gran voce – hanno risolto le emergenze, ma ora presentano il conto; mentre le grandi linee di faglia dell’economia del pianeta – quelle sotterranee, che hanno alimentato la crisi – sono minacciose quanto prima.
Gli interventi di emergenza della crisi hanno toccato solo la superficie dei problemi, e ora creano nuovi rischi. Le banche centrali hanno fornito alle economie un diluvio di denaro, oggi a livelli record rispetto all’attività reale; ma, ha spiegato David C. Wheelock, economista alla Fed di St. Louis, «potete portare un cavallo all’acqua quanto volete…»: se non vuol bere, non beve.
È quello che sta accadendo, soprattutto negli Usa, ma non solo lì. Con il rischio che la liquidità, abbondante e generosa, si incanali su questo o quel mercato – anche estero: le banche centrali sono nazionali, l’economia no – travolgendolo.
Ben Bernanke sa cosa dice quando assicura – come ha fatto venerdì – che «se fossero necessarie ulteriori iniziative, sono disponibili altri strumenti». Lui stesso ha però ammesso che passi del genere «richiedono un’attenta valutazione di costi e benefici». La Fed e le altre banche centrali possono acquistare titoli di Stato, o azioni (lo fa già l’Autorità monetaria di Hong Kong) o prestare denaro direttamente alle aziende. I vantaggi potrebbero essere tuttavia piccoli rispetto agli effetti collaterali, oltre tutto non immediati, e quindi non facilmente individuabili: l’inflazione, le bolle, una valutazione distorta dei rischi. Cadrebbero poi su un settore finanziario per il quale mancano ancora le nuove regole e la nuova vigilanza, in forte ritardo. Iperprotetto da garanzie statali esplicite e implicite, quel mondo resta un po’ autoreferenziale: lì – dice Raghuram Rajan dell’Università di Chicago – «la moneta è misura di tutte le cose».
Fonte: SOLE 24 ORE