Nessuno conosce a fondo la musica del mondo dalla A alla Z. Dall’alpala, il ritmo inventato dagli yoruba nigeriani per festeggiare la fine del Ramadan, allo zydeco, il sound creolo della Louisiana di inizio 900, che miscelava le culture di francesi, spagnoli, africani e nativi americani. Anche se oggi viaggia lungo le autostrade digitali e telematiche per mettersi in fila nella coda oscura del negozio virtuale di iTunes dove rischia l’invisibilità, questo patrimonio sfaccettato e multiforme è talmente vasto da non poter quasi neppure essere catalogato: migliaia sono gli stili musicali inventati dal genere umano in ogni angolo della Terra.
È un patrimonio che disegna la nostra storia. La storia di questo piccolo pianeta dalle ricchezze infinite, a cominciare da quella dei suoni, la prima ad apparire come espressione autonoma dell’uomo e per questo fatta di interrelazioni e comunioni, numerose quanto le differenze e le opposizioni.
Purtroppo oggi il rischio che tutto questo meraviglioso universo si diluisca in una pop music unificata e globalizzata non è così astruso: l’impressionante archivio dello Smithsonian Global Sound è sì disponibile in Rete con le sue infinite registrazioni da tutto il mondo, ma rischia di restare un monumento nel deserto, dimenticato e scalfito ogni giorno di più dalla pratica – che appiattisce il sentire, sensoriale ed emozionale – di condividere file tra sudafricani e irlandesi, tra giapponesi e spagnoli.
Servono vetrine dove “esporre” i suoni del mondo, dove la loro dovizia si dimostra viva e propositiva, dove l’ascolto diventa un piacere e un ricordo di ancestrali rapporti, dove la musica di tradizione popolare è un mare impetuoso di occasioni conoscitive: SAN MARINO ETNOFESTIVAL è una di queste, da anni una delle più prestigiose della penisola italiana.
Raffaello Carabini e Maurizio Martinotti
lunedì 12 luglio 2010
Ialma (Galizia/Spagna)
Dopo aver raccolto e studiato le canzoni tradizionali della Galizia, regione atlantica al nord della Spagna, le vocalist del gruppo Ialma ritrasmettono questo repertorio con uno stile personale, che oscilla fra autenticità e modernità, contribuendo al rinnovamento del genere. Influenzate dalle culture di altri paesi europei, dalla cultura gitana, dal flamenco e dalle sonorità, le cinque cantanti trasmettono un messaggio contemporaneo, universale e di apertura verso il mondo. Il gruppo, che unisce le protagoniste, impegnate anche alle percussioni, a un quintetto di musicisti, propone una musica world che mescola gli strumenti tradizionali galiziani, in primo luogo la pandereta (piccolo tamburello) e la gaita (cornamusa), con fisarmonica, chitarra, contrabbasso, violino, flauti, piano, percussioni.
Il gruppo ha appena pubblicato il suo quarto album Simbiose, che ne festeggia il decennale di attività e segue i riusciti Palabras Darei, a cappella, Marmuladas, che sancì l’inizio della collaborazione con i musicisti belgi tuttora al loro fianco, e Nova Era, in cui spicca una rivisitazione di un brano dei… Red Hot Chili Peppers. Le Ialma spessissimo in concerto amano unirsi ai partner più diversi, da rapper a cori classici, da ballerini a gruppi jazz, e anche a San Marino non mancheranno di sorprenderci.
Per la prima volta nella penisola italiana, in esclusiva assoluta per l’Etnofestival.
Nuria Aldao, Verónica e Natalia Codesal, Magali Menéndez, Marisol Palomo: voce, gaïta e pandereita
Pascal Chardome: chitarra, piano
Cédric Waterschoot: basso
Fred Malempré: batteria, percussioni
Jonathan De Neck: fisarmonica diatonica
martedì 13 luglio 2010
Calambuco (Colombia)
Calambuco è una delle band di punta della nuova musica colombiana, con all’attivo due ottimi album, Como En El Barrio e il recente Rompiemdo El Cuero, concerti in Europa e America Latina. La loro fusione dal sapore classico e moderno allo stesso tempo distilla il meglio del patrimonio musicale latinoamericano del XX secolo: bolero, descarga, mambo, guajira, currulao, guaguancó, latin jazz e naturalmente salsa brava.
Il sonido dell’ensemble è originale e maturo, perfetto per ballare: le trombe sostituiscono i convenzionali tromboni, il piano costruisce la struttura ritmica su cui si muovono le percussioni, le campanelle scandiscono il tempo su cui poggia la voce solista.
Le canzoni parlano in maniera dura della difficile vita nei sobborghi di Bogotà. I dieci musicisti hanno tutti una solida carriera alle spalle e sono stati protagonisti dell’evoluzione dei principali nuovi stili musicali emersi in Colombia.
Prima assoluta nella penisola, in esclusiva per l’Etnofestival.
Andrés Felipe Succar: piano, direzione, composizione
Juan José Flórez: basso
Julián Esteban Chaves: bonghi, campanacci, clarinetto
Álvaro Herrera: congas
Cristian Rojas: timbales
Edison Ibarra, Carlos Parra, Carlos Tabares: tromba
Francisco Robert Echavarría, Eignar Renteria: canto
Mercoledì 14 luglio 2010
Mokoomba (Zimbabwe)
Vincitori del Music Crossroads InterRegional Festival (IRF) nel 2008, i Mokoomba propongono una miscela elettrica di afro-fusion e musica tradizionale dei tonga, una delle popolazioni e delle culture meno conosciute dello Zimbabwe, dal sound unico e originale. I sei giovanissimi musicisti cantano nella loro lingua così rara e mescolano tastiere, ritmi e basso elettrico con strumenti tradizionali come le jemba (percussioni), zufoli, campanacci e altri, sempre con un feeling ad alto tasso di ballabilità.
Nati nel 2001 con un altro nome grazie all’impegno del leader Alfred Mujimba, propone oggi un’espressività eccellente, un impatto potente e un groove coinvolgente, che presenta anche nel nuovissimo tour europeo, che presenta il loro cd di debutto con il nuovo nome, Kweseka.
In esclusiva per l’Etnofestival per quanto concerne la penisola italiana, dove debuttano.
Mathias Muzaza: voce e percussioni
Abundance Mutori: basso elettrico
Trustworth Samende: chitarra elettrica e cori
Donald Moyo: tastiere e cori
Costa Ndaba Moyo: batteria
Miti Mugande: percussioni e cori
giovedì 15 luglio 2010
Orquesta Arabe Andaluza De Fez (Marocco)
L’orchestra interpreta un repertorio che deriva dalla musica araba dei territori della Penisola Iberica, in cui convivevano le più differenti culture, la berbera, l’araba, l’africana, la copta e l’andalusa, alla ricerca dello stile tradizionale più autentico.
È la più antica del Marocco e una delle più prestigiose dell’universo arabo, fondata nel 1912: Mohammed Briouell, preside del Conservatorio di Fez, ne è il terzo direttore da ormai quasi quindici anni.
L’ Orquesta Árabe Andaluza De Fez, che vanta un repertorio in grado di coprire ottanta ore di concerto, utilizza violini, viole, rebab, laúd, tar, derbouka, con l’apporto della voce solista di Mohamed Bennis.
Anche la recente collaborazione con la Camerata di Boston per l’esecuzione delle cantigas (“composizioni”) di re Alfonso X dimostra come i nessi fra la musica spagnola e quella arabo-andalusa siano stretti e come la musica dell’orchestra sia facile da intendere per il mondo occidentale.
La tournée mondiale che li ha portati negli Stati Uniti, in Finlandia, Cina, Francia, Inghilterra e che propone un’esibizione elegantissima in cui aleggiano le atmosfere dei grandi palazzi orientali approda per la prima volta nella penisola italiana, in esclusiva per l’Etnofestival.
Briouel Mohamed: direzione e viola
Arabi Gharnati Mohamed: violino
Amri Mostafa: viola
Bennani Baiti Abdelhay: rebab
Berrada Driss: laúd
Tahiri Joute Nourddine: canto
Alami Chentoufi Aziz: percussioni
venerdì 16 luglio 2010
Oumou Sangare (Mali)
Paladina dei diritti delle donne e voce della sua generazione, è una cantautrice che esprime con coraggio le sue idee in una società in cui la condizione femminile è estremamente difficile. Ed è commendatore delle Arti e delle Lettere della Repubblica Francese e ambasciatore della FAO, oltre ad aver vinto l’UNESCO Prize 2001.
Oumou è nata a Bamako, capitale del Mali, nel 1968, dove i suoi genitori si erano trasferiti dalla regione del fiume Niger, il Wassoulou, che dà il nome a un tipico sound prodotto quasi solo da donne.
Incoraggiata dalla madre cantante, Aminata Diakite, è stata una bambina prodigio e appena sedicenne si unì alla compagnia di percussioni tradizionali Djoliba. Dopo un tour in Europa iniziò a lavorare con il guru della musica maliana Amadou Ba Guindo, con cui registrò nel 1989 il suo primo album Moussoulou (“donne”), che vendette più di 200.000 copie. A 21 anni era già una star.
Da allora ha suonato con i maggiori maestri del sound world – Baaba Maal, Ali Farka, Touré, Femi Kuti, Boukman Eksperyans – e nelle più importanti sale e manifestazioni del mondo, proponendo il suo suono, basato sulla tradizione del Wassoulou, con danze come il didai, il sigui e soprattutto il sogonikun, interpretato principalmente da bambine mascherate durante la stagione dei raccolti, oltre a un canto enfatico e appassionato.
Nel 1993 Ko Sira (“la coppia di oggi”) fu considerato dalla critica uno degli album dell’anno di world music. Seguirono Worotan (“dieci noci di kola”: il tradizionale prezzo di una sposa in Mali) nel 1996, Oumou nel 2003, una raccolta con l’aggiunta temi inediti, e Seya (“allegria”), pubblicato a febbraio 2009 e inciso insieme a figure di primo piano della musica maliana, che l’accompagnano anche in questo nuovo tour.
Oumou Sangare: voce
Sekou Bah: basso
Mamadou Diakite: chitarra
Brehima Diakite: kamalen n’goni (piccola arpa a sei corde)
Aliou Dante: batteria
Cheick Oumar Diabate: djembe
Amadou Traore: flauto
Andio Sidibe, Fatoumata Diawara: coro
sabato 17 luglio 2010
Septeto Santiaguero (Cuba)
Il settetto rappresenta come nessuno la tradizione della regione attorno a Santiago de Cuba, la seconda città dell’isola, irradiando un’energia coinvolgente grazie alla potenza dei suoi impasti vocali e a un repertorio basato su son e guaracha di famosi autori o di propria composizione.
È uno dei gruppi veterani della zona, autentico erede della celebre Vieja Trova Santiaguera. Lo dirige Fernando Dewar, che iniziò a dedicarsi alla chitarra seguendo i classici del rock, per poi passare al contrabbasso e fondare, negli anni dell’università, il suo primo gruppo di son Sones de Oriente.
Oltre tre lustri fa diede vita al Septeto Santiaguero, che non solo è uno dei grandi continuatori della profonda tradizione del son, ma ha sviluppato al tempo stesso uno stile talmente personale da brillare di luce propria nell’immensa galassia della musica cubana. Combinando forza ed energia, assolo vibranti e voci eccellenti, che mantengono viva la tradizione santiaguera del duetto, hanno inciso cinque ottimi album, tra cui spicca lo splendido La Chismosa del 2001.
In esclusiva per l’Etnofestival.
Fernando Dewar: tres, voce e direzione
Inocencio Heredia, Ismael Borges: voce, maracas, clave, güiro
Rudens Matos: voce e chitarra
Adolfo Aguilera: basso
Alberto Castellanos: percussioni
Eddy Lobaina: tromba