Ancona, sopravvive due giorni con una freccia in testa: «Ha evitato per un soffio i centri vitali del cervello»

Due giorni vissuti con una freccia piantata nel cranio. Vigile. Così è arrivato al pronto soccorso dell’ospedale regionale di Torrette un uomo di 64 anni, protagonista di un caso (leggi qui) che ha dell’incredibile e che, per molti medici, ha sfiorato il miracolo. La lesione – causata da un colpo di balestra partito dalla sua stessa arma – avrebbe potuto essergli fatale, se solo il tragitto dell’oggetto avesse deviato di un millimetro. Invece, il dardo ha seguito un percorso “quasi chirurgico”, evitando arterie, vasi venosi e aree nobili del cervello.

Il professor Maurizio Iacoangeli, primario di Neurochirurgia, come si legge sul Corriere della Sera, ha descritto l’intervento come un’impresa delicatissima. La TAC, ha raccontato, mostrava l’intera lunghezza della freccia attraversare il cranio dalla fronte alla nuca. Eppure l’uomo, pur confuso e disorientato, parlava, aveva gli occhi aperti, cosciente. Una condizione che ha lasciato sbalorditi anche i sanitari più esperti.

La traiettoria del dardo, spiegano i medici, ha seguito un passaggio paramediano, cioè vicino ma non coincidente con la linea mediana del cervello: un’area spesso scelta anche in sala operatoria per minimizzare i rischi. Il materiale stesso della freccia – fibra di carbonio – ha contribuito a evitare distorsioni durante gli esami diagnostici, permettendo una visione chiara e precisa del danno e consentendo così di pianificare l’estrazione con il massimo livello di controllo.

Il delicatissimo intervento è durato circa due ore e ha visto impegnati il dottor Maurizio Gladi e la dottoressa Klaudia Musteqja. Il primario ha diretto l’équipe, sottolineando quanto la vera sfida non sia stata tanto la rimozione del corpo estraneo, quanto farlo senza innescare un’emorragia. La freccia, infatti, agiva da “tappo”: estrarla senza una preparazione minuziosa avrebbe potuto aprire una via di sangue inarrestabile.

Il paziente resta in condizioni critiche e il rischio di complicazioni, come infezioni dovute al lungo periodo trascorso da solo in casa e senza bere né mangiare, resta alto. Ma per ora, sottolineano i medici, il fatto che sia sopravvissuto è già un evento eccezionale.

Casi simili, in Italia, si contano sulle dita di una mano. Iacoangeli ricorda episodi analoghi soltanto in contesti bellici o in alcune esperienze maturate negli Stati Uniti, come nel Mississippi, dove colpi d’arma da fuoco e ferite da taglio sono purtroppo all’ordine del giorno. In ambiente civile, situazioni di questo tipo sono rarissime. Un precedente italiano noto riguarda un pescatore colpito da una fiocina.

La letteratura medica offre il celebre caso di Phineas Gage, l’operaio americano sopravvissuto a una sbarra conficcata nel cranio nell’Ottocento. Rimase in vita, ma il suo carattere mutò radicalmente. È una possibilità anche in questa circostanza, benché le priorità, oggi, siano altre: sopravvivenza e monitoraggio neurologico costante.

Il primario ha ricordato come il cervello, ancora oggi, resti un territorio in larga parte inesplorato. Parlare di aree “non eloquenti” o “ridondanti”, secondo Iacoangeli, è forse solo un modo per etichettare ciò che la scienza non conosce ancora fino in fondo. La cosiddetta plasticità cerebrale – ovvero la capacità del cervello di riorganizzarsi e compensare funzioni perdute – è un elemento sempre più centrale nella neurochirurgia moderna.

Un esempio? Quello di Karoly Takacs, il tiratore ungherese che, perso l’uso della mano destra, imparò a sparare con la sinistra e vinse due ori olimpici. La testimonianza che anche una lesione profonda può trovare, talvolta, un sorprendente adattamento.

In attesa che le indagini dei Carabinieri chiariscano le cause dell’incidente – se accidentale o volontario – l’uomo resta affidato alle cure dell’équipe multidisciplinare del reparto di neurochirurgia. Il suo caso, già oggi, è destinato a entrare negli annali della medicina italiana.

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