Ho l’onore di dichiarare aperti i lavori dell’Assemblea Congressuale del Partito dei Socialisti e dei Democratici in una giornata carica di significato e di memoria per la Repubblica e, soprattutto, per i democratici, i socialisti e i riformisti sammarinesi.
Il 25 marzo del 1906 l’Arengo dei Capi-famiglia, riunito per l’ultima volta, decretava l’inizio di una pagina nuova della nostra storia civile con il passaggio al sistema democratico, non certo quello che intendiamo oggi, ma un avvio di democrazia che si è poi progressivamente affermata e consolidata anche grazie all’impegno e al contributo delle forze democratiche e socialiste della sinistra e del movimento dei lavoratori che, proprio in questi giorni ha perduto uno dei suoi rappresentanti storici con la scomparsa di Andrea Bacciocchi.
Questa giornata così speciale ha contraddistinto anche tanti momenti significativi dell’evoluzione recente della sinistra riformista, cito per tutti l’unione delle due forze storiche che hanno dato vita al P.S.D. il 25 marzo 200..
Forti di questa eredità, di cui siamo giustamente orgogliosi, ci accingiamo ad una discussione non celebrativa, ma operativa, che ci consenta di fare il punto della situazione.
“Non importa, continuiamo.” Con queste parole il filosofo Max Weber chiude il suo saggio sulla politica come vocazione.
Queste parole – sono sicura – possano interpretare il sentimento dei compagni che sono qui oggi a continuare il loro impegno, a cominciare dai sei Coordinatori dei Gruppi di Progetto, che ringrazio perchè, pur costretti in tempi molto brevi, hanno prodotto una prima serie di proposte per l’aggiornamento annuale del “Progetto per San Marino” , su cui dovrà continuare nei prossimi mesi l’approfondimento e il lavoro di perfezionamento per arrivare ad una ristesura complessiva del Progetto, che costituisce la sintesi politico-programmatica della nostra azione e che ne indica gli orizzonti.
Uno dei caratteri che fortemente connota la sinistra è il bisogno di far riferimento ad un progetto, ad un orizzonte entro il quale e verso il quale sviluppare la propria iniziativa.
Non è un caso che il tema che abbiamo scelto per questa Assemblea Congressuale sia “Valorizzare l’autonomia della Repubblica nell’orizzonte europeo”.
E nessuno più dei Socialisti e dei Democratici ha indicato l’Europa come riferimento e come approdo in termini ideali, politici, economici e culturali.
Questa linea ci appartiene e su questo obiettivo dobbiamo investire di più in termini di energie, di competenze, di impegno, di convinzione, di proposta.
Così come è parte della nostra cultura politica il sentirci sammarinesi prima che socialisti e democratici e la forte motivazione ad operare per preservare l’autonomia della Repubblica e il suo essere Stato sovrano e non un protettorato, per affermarne il prestigio e l’autorevolezza. Di qui le pesanti riserve del nostro Partito sull’azione del Governo in questi mesi.
San Marino è patrimonio della comunità mondiale perché meglio di chiunque ha rappresentato e può rappresentare l’idea della Libertà; perché ha compiuto scelte di civiltà, dalla rinuncia alla guerra come modalità di risoluzione dei conflitti all’abolizione della pena di morte, che hanno anticipato di secoli obiettivi e traguardi che, purtroppo, per molti, troppi Paesi sono ancora lontani.
San Marino nel suo piccolo, per ragioni e strade sue, ha rappresentato un esempio per il mondo.
Il nostro obiettivo, l’obiettivo dei Socialisti e dei Democratici, è che torni ad esserlo e la nostra ambizione di Partito è di portare il Paese a condividere questo traguardo.
Perché questo possa verificarsi, perché San Marino possa essere un modello, occorre lavorare con umiltà, dedizione, intelligenza, competenza, senza fughe in avanti e smanie di protagonismo, da parte dell’intero Paese e occorre una forte coesione sociale.
Il P.S.D. può, secondo me, deve, a partire da se stesso, rappresentare questa aspirazione ad essere i migliori.
Da sempre non ci mancano le idee; i progetti di cambiamento reale in questo Paese sono partiti dalla sinistra riformista; le grandi riforme sono merito della sinistra; arriviamo prima di altri a capire quale deve essere la strada da intraprendere.
Ci è mancata talvolta la forza di arrivare fino in fondo. Abbiamo avuto paura di essere minoranza? Abbiamo dubitato della nostra effettiva capacità di persuadere gli altri della bontà delle nostre idee? Solo la convinzione e insieme la coesione sono “contagiose” e permettono di fare di un’idea di pochi che sanno guardare più in là un’idea condivisa, largamente condivisa al punto che non ci si ricorda più chi l’ha proposta. Quando si arriva lì, il risultato politico è ottenuto.
Guardo alla politica con la passione di sempre, ma anche con il distacco di chi non è più coinvolto nell’agone politico quotidiano ed è da tempo pronto a cedere il passo.
Questa condizione mi porta a valutare che dovremmo adoperarci per abbassare i livelli di litigiosità e dello scontro sterile, su cui si è incagliata la politica.
In parte lo stiamo già facendo e sappiamo tutti che per non litigare bisogna essere in due a volerlo, ma dobbiamo sentire come una nostra missione quella di ricercare un dialogo vero sui contenuti e la condivisione di metodi e di valori etici che possano restituire qualità, spessore ed affidabilità alla politica e alle persone che si occupano di questo “mestiere” nobile, antico come il mondo, ma oggi così poco considerato.
“La democrazia ha bisogno di fiducia. Della fiducia reciproca fra cittadini e della fiducia dei cittadini nelle istituzioni. La fiducia a sua volta ha bisogno di trasparenza: esige che tutto quello che li riguarda come cittadini avvenga alla luce del sole. Io devo sapere chi sei,che cosa fai, con chi vai. Soprattutto devo saperlo nei riguardi di coloro che hanno il potere di comandare e il diritto di farsi ubbidire. Repubblica e democrazia sono legate in un rapporto indissolubile…”. Sono parole del filosofo N. Bobbio che devono essere spunto per una riflessione più accurata di quella abbastanza sommaria e, come dire, aridamente numerica del risultato elettorale dello scorso novembre, che può apparire paradossale e incomprensibile, se declinato alla luce del binomio governo nuovo=cambiamento, dove cambiamento ha la valenza progettuale e riformatrice che la sinistra attribuisce a questa parola.
Ma lo stesso risultato elettorale può proporsi in una luce diversa, se letto nella prospettiva indicata da Bobbio.
Ha ragione chi dice che se è stato quel che è stato e se prima è accaduto quel che è accaduto, la colpa non può essere solo degli altri e qualcosa deve essere dipeso anche da noi.
Dovremmo sforzarci di capire perché e che cosa non ha funzionato, non per il gusto di trovare un colpevole, ammesso che ce ne sia eventualmente solo uno, del che dubito molto, o per approfittare del risultato poco felice e regolare vecchi conti.
Capire è necessario per cambiare così come conoscere la società nella quale viviamo, che è diversa da quella che vorremmo e questa distinzione non è sempre lucidamente presente in noi, ci permette di operare razionalmente per modificarne gli elementi costitutivi.
Passare una mano di vernice sopra la ruggine può servire a coprirla per un po’, ma non ad eliminarla. Lo dicemmo in campagna elettorale rispetto ai nostri avversari del Patto. Mai parole furono più azzeccate!
Ma può valere anche per noi stessi.
Di qui la proposta che spero questa Assemblea possa accogliere di predisporre un progetto complessivo di riassetto funzionale ed organizzativo del Partito, perché – compagni – non possiamo impiegare settimane per prendere una decisione; dobbiamo avere chiaro chi è responsabile di cosa; dobbiamo promuovere la partecipazione ai processi decisionali, ma anche la motivazione all’impegno politico; dobbiamo poter selezionare la classe dirigente e poter riconoscere la capacità, la rappresentatività, la competenza, il carattere necessari per guardare avanti e dirigere l’azione politica e mai subirla….Potrei continuare.
Il progetto, una volta definito, potrà essere esaminato ed approvato da questa Assemblea che potrebbe essere utilmente riconvocata per il prossimo settembre/ottobre, investendo un organismo –l’Assemblea Congressuale per l’appunto – di una continuità di impegno e di discussione tra un Congresso e l’altro che mi parrebbe positiva.
Accanto al riassetto funzionale ed organizzativo è giusto, è logico, è utile un rinnovamento del gruppo dirigente, che va preparato da chi oggi è investito di questa responsabilità. Non perché chi lascia o chi verrà sostituito debba indicare il successore, ma perché ha il dovere di favorire la più ampia condivisione dei nuovi dirigenti che dovranno – se possibile, meglio di chi li ha preceduti – porsi alla guida di un grande Partito, in cui ha trovato casa una pluralità di idee e di opzioni politiche, culturali e di pensiero e da cui nessuna di queste dovrà sentirsi esclusa.
La questione dell’unità, che così tenacemente abbiamo conquistato, che altrettanto tenacemente abbiamo difeso, anteponendola a tutto, consci del valore straordinario di questo risultato, non può diventare lo spauracchio da agitare ogni volta che c’è una diversità di opinioni od un conflitto.
Il Partito dei Socialisti e de Democratici deve essere accogliente e puntare ad essere ancora più grande nella sua capacità di rappresentanza della società, onorando puntualmente gli impegni assunti con i propri aderenti ed elettori.
Chi non si trovasse bene ha il diritto di fare le sue scelte, di difendere le sue motivazioni, ma non potrà avere il diritto di porre ricatti del tipo o è così o me ne vado o di porre i compagni di fronte al fatto compiuto.
Gli altri hanno il dovere di fare tutto il possibile per trovare le intese onde evitare nuove rotture dolorose ma anche il diritto di non snaturare le scelte politiche democraticamente condivise per preservare una unità che, se non si vuole, non c’è e lo abbiamo verificato a nostre spese anche di recente.
Non mi nascondo che sono tanti coloro che ci temono perché siamo avversari troppo forti oppure anche alleati troppo pesanti, né mi nascondo che potrà capitare ancora l’offerta di qualche invito interessato o di qualche approdo sicuro per indebolirci.
Siamo sufficientemente “maturi” per superare la prova? Per non ripetere vecchi schemi e vecchie logiche e fare squadra davvero?
Da una che tiene all’unità del Partito moltissimo, ho un’ultima riflessione da condividere con Voi: sento compagni lamentarsi perché i nostri dirigenti non sono sufficientemente autorevoli o affidabili.
Forse dovremmo guardarci di più negli occhi. Non è raro che per rivalità ideologica o personale o per il puro gusto di criticare chi non la pensa come noi, siamo noi stessi i primi a delegittimare i nostri dirigenti, a screditarli, a indurli in errore per poi riprenderli.
Dobbiamo scegliere i migliori, quelli che tra di noi mettono insieme più doti personali e politiche – e questo non sempre è stato fatto – ma una volta eletti e finchè rimangono nel ruolo cui li abbiamo democraticamente assegnati, i nostri dirigenti ci rappresentano tutti, nessuno escluso.
Altrimenti facciamo il gioco dei nostri avversari e non il nostro bene e neanche quello del Paese.
Lascio, dunque, al Segretario – perché suo è il compito – le valutazioni della fase politica che stiamo attraversando, le analisi e l’indicazione delle linee direttrici e delle priorità della nostra iniziativa nelle istituzioni e nel Paese.
Aggiungo soltanto che se oggi siamo assegnati al ruolo di opposizione, dobbiamo svolgerlo questo ruolo, non avere fretta di cambiarlo a tutti i costi; che i cittadini devono avere la possibilità di mettere alla prova governi e classi politiche diverse. Abbiamo cambiato la legge perché questo fosse possibile.
Dico ancora che occorre far crescere la Coalizione Riforme e Libertà, lavorare insieme a S.U., D.d.C. e S.p.L. anche se è faticoso, intensificare il confronto, offrire lealtà e chiedere lealtà, nell’ambito di un progetto che non può essere definitivamente chiuso ad altri apporti, che anzi dovremmo ricercare insieme. Ma è un progetto che abbiamo voluto insieme, che ci accomuna e che è in grado di offrire risposte concrete al Paese.
Esprimo infine apprezzamento per il lavoro del Gruppo Consiliare e del suo Capogruppo, al quale va dato atto di essere un irriducibile e prezioso tessitore, perché nelle ultime settimane, abbiamo finalmente ripreso, in accordo con gli alleati, l’iniziativa legislativa avviando all’iter consiliare qualificati provvedimenti di legge nella logica che la politica per noi è costruzione anche quando si associa ad una critica aspra e senza sconti.
Sono sicura, compagni, che da questa Assemblea il nostro impegno civile, la nostra azione politica, il nostro progetto riformista usciranno rinvigoriti e rasserenati.