(ANSA) – FIRENZE, 26 NOV – Ci sarà anche Viktoria Gudyma,
la mamma-maratoneta ucraina – scappata sotto le bombe da Kiev
con il figlio Lev di 11 anni – domani al via della “7/a edizione
della Maratona di Firenze. Sostenuta da Athletica Vaticana,
Viktoria, 31 anni, correrà “per la pace nella mia Ucraina”.
Intanto oggi ha preso parte alla Messa del maratoneta nella
basilica di Santa Maria Novella, celebrata da don Andrea
Palmieri, sottosegretario del Dicastero per la promozione
dell’unità dei cristiani. Viktoria ha letto l’intenzione di
preghiera per la pace, mentre al termine della celebrazione c’è
stata la benedizione degli atleti e la recita della preghiera
del maratoneta, tradotta in 37 lingue, compresi ucraino e in
russo. “Pro prio il 26 novembre il mio popolo ucraino ricorda
l’anniversario del genocidio dell’Holodomor – dice la maratoneta
ucraina che corre per i colori del Vaticano -, lo sterminio per
la fame causato artificialmente, tra il 1932 e il 1933, da
Stalin. Anche Papa Francesco, che ho avuto la gioia di
incontrare lo scorso 30 marzo e che ringrazio di cuore per i
suoi continui appelli alla pace, ha invitato a pregare per le
vittime di questo genocidio e per i tanti ucraini che oggi
soffrono per l’aggressione”.
Viktoria è fuggita da Kiev con il figlio, “dopo le prime notti
di guerra passate in una stazione centrale della metro, al
riparo dalle bombe – racconta -. Prima di tutto, sono una mamma
e ho pensato a salvare mio figlio: ho preso la macchina e ho
guidato per 20 ore verso ovest, senza fermarmi mai. Abbiamo
perso tutto ma siamo vivi”. Parla italiano molto bene perché,
spiega, “sono appassionata della cultura e della bellezza”. Con
Athletica Vaticana è scattata subito la scintilla dell’amicizia: “Non mi conoscevano, ma hanno accolto mio figlio e me a Roma
come un famiglia, e ora a Firenze ci riabbracciamo”. Viktoria
domani non guarderà il cronometro: “Correre la maratona per la
pace – dice -, come ho fatto a Roma, Boston e ora a Firenze,
significa dire che la strada è lunga a faticosa, c’è da
soffrire, ma alla fine si arriva al traguardo. La maratona è
resistenza e perseveranza. E questa è la metafora che mi spinge
a correre e a pregare perché le sofferenze della mia gente
finiscano”. (ANSA).
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