Bibbiano, crolla il caso “Angeli e Demoni” sui bambini in affido in Emilia Romagna: solo tre condanne, tutte con pena sospesa

Dopo anni di clamore, polemiche, titoli urlati e scontri politici infuocati, il processo sul caso Bibbiano si è chiuso ieri sera con una sentenza che riscrive radicalmente il quadro emerso nell’opinione pubblica. Niente “ladri di bambini”, niente sistema organizzato per lucrare sugli affidi. Il maxi-processo “Angeli e Demoni”, che per anni ha occupato la scena giudiziaria e politica italiana, si è concluso ieri con appena tre condanne, tutte lievi, tutte con pena sospesa. La gran parte delle accuse è caduta, e con essa anche l’impalcatura narrativa che aveva trasformato un’inchiesta giudiziaria in un caso nazionale.

I giudici del tribunale collegiale di Reggio Emilia hanno pronunciato ieri il verdetto atteso da anni: condannati l’ex responsabile dei Servizi sociali dell’Unione Val d’Enza, Federica Anghinolfi (due anni), l’assistente sociale Francesco Monopoli (un anno e otto mesi), e la neuropsichiatra Floriana Murru (cinque mesi). I reati riconosciuti? Due casi di falso in atto pubblico per i primi due, una violazione del segreto d’ufficio per la terza. Tutto il resto — decine di imputazioni, alcune gravissime — si è dissolto: chi per prescrizione, chi con assoluzioni piene.

Le accuse iniziali contavano oltre cento capi d’imputazione, tra cui frode processuale, depistaggio, maltrattamenti su minori, violenza privata, peculato d’uso, tentata estorsione e lesioni gravissime. Il cuore dell’impianto accusatorio era un presunto sistema illecito di gestione degli affidi in Val d’Enza, costruito – secondo l’accusa – su relazioni manipolate per allontanare i minori dalle famiglie e inserirli in un circuito di affidi remunerativi. Ma questa ricostruzione non ha retto alla prova del dibattimento.

Alcune figure simbolo del caso erano già uscite di scena in precedenza. Lo psicoterapeuta Claudio Foti, fondatore della onlus Hansel & Gretel, era stato assolto in via definitiva dalla Cassazione dopo una condanna in primo grado. Ora anche l’ex moglie, Nadia Bolognini, per la quale l’accusa aveva chiesto otto anni, è stata assolta nel processo di primo grado. L’ex sindaco di Bibbiano Andrea Carletti, del Partito Democratico, fu inizialmente posto agli arresti domiciliari: è uscito dal processo dopo che il reato di abuso d’ufficio, a lui contestato, è stato abrogato dal Governo. Di recente, il PD gli ha restituito la tessera.

Federica Anghinolfi, la figura centrale rimasta alla sbarra, era imputata per circa sessanta capi d’accusa. Le due condanne ottenute nei suoi confronti — entrambe per falso — rappresentano ciò che resta di uno dei procedimenti giudiziari più esposti mediaticamente dell’ultimo decennio.

I suoi avvocati, Oliviero Mazza e Rossella Ognibene, hanno espresso soddisfazione per l’esito, pur denunciando i danni irreparabili subiti dalla loro assistita, non solo sotto il profilo personale, ma anche per le conseguenze che l’ondata mediatica ha avuto sull’intero sistema di tutela dei minori. A loro dire, la verità giudiziaria ha confermato che non vi erano “angeli contro demoni”, ma solo persone che operavano per il bene dei minori, anche se con errori da accertare nei singoli casi.

Sul fronte politico, Maria Elena Boschi (Italia Viva) ha rilanciato le responsabilità di chi in passato aveva cavalcato il caso: con un post social, ha chiesto pubblicamente scuse alla premier Giorgia Meloni e a Fratelli d’Italia, ricordando le accuse lanciate nel 2019 durante la campagna elettorale in Emilia-Romagna, quando Bibbiano diventò simbolo di un presunto scandalo nazionale, al centro di slogan e magliette parlamentari.

Il sindaco di Reggio Emilia, Marco Massari, ha invece voluto esprimere vicinanza agli imputati assolti, sottolineando quanto siano pericolose le sentenze anticipate dell’opinione pubblica e le campagne d’odio alimentate dalla politica. Per lui, le persone coinvolte nel processo hanno vissuto un incubo giudiziario durato anni, spesso aggravato da giudizi affrettati e strumentalizzazioni.

A distanza di sei anni dagli arresti e dallo tsunami mediatico che travolse Bibbiano e l’intera Val d’Enza, resta ora da fare i conti con le conseguenze. Giudiziarie, certamente, ma anche e soprattutto umane, istituzionali e politiche. Perché quando la giustizia arriva, magari in ritardo, a volte trova solo macerie da contare.