TIMIDO, inconcludente, penalizzato dall’arbitro e sconfitto dal Toro sabato. E – dopo le partite di ieri – scavalcato dal Frosinone, di nuovo terzultimo e con due piedi nella zona rossa della classifica, dove manda tre squilli (tradotto: punti) anche il redivivo Carpi.
Per chi cullava l’illusione di un Bologna magicamente rigenerato dalla cura Donadoni, guarito da tutti i mali e pronto a lanciare l’assalto a zone meno ansiogene della classifica il risveglio è stato brusco.
Ma per una volta, più che far suonare l’ennesimo allarme rosso, è il caso di invocare il buonsenso. Perché il calcio non sarà una scienza esatta, ma a volte lo si fa molto più complicato di quanto in realtà esso sia.
Se una squadra toglie Quagliarella e lo rimpiazza con Maxi Lopez mentre l’altra richiama in panca Mancosu e al suo posto manda in campo Acquafresca, quale delle due lotterà per un posto in Europa League e quale, viceversa, dovrà solo sperare di averne tre dietro a maggio?
Al netto della timidezza tattica di Donadoni e degli errori dell’arbitro Ghersini, basterebbe arrendersi di fronte all’evidenza: il Torino ha vinto perché oggi dispone di valori tecnici superiori a quelli del Bologna. Domani, chissà: dipenderà da quanto tempo impiegherà Donadoni a raccogliere i frutti della semina di Corvino.
GIÀ, CORVINO. C’è sicuramente del buono nel gruppo che a fine agosto è uscito completamente trasformato dal mercato più rivoluzionario di sempre (lo fu anche anche quello condotto da Carmine Longo, ai tempi di Porcedda: con la differenza che allora la rifondazione partì dalla riconferma della stella polare Di Vaio).
Ma oggi si tocca dolorosamente con mano quanto abbia pesato la scelta di consegnare a Mattia Destro il ruolo di Centravanti Unico: unico nel senso che quando non gioca lui là davanti son dolori.
Se uno ripensa alla maxi infornata di centrocampisti fatta in estate non può non chiedersi se non sarebbe stato più saggio agire con maggiore parsimonia in quel reparto (dove oggi Crisetig e Pulgar hanno già lo status di oggetti misteriosi) e viceversa irrobustire un attacco che non dispone di una vera alternativa a Destro.
Dopo il record negativo stagionale di conclusioni nello specchio (zero) centrato dal Bologna sabato a Torino, risulta più comprensibile la severa censura che Donadoni ha fatto del gesto del suo centravanti (maglietta tolta dopo il rigore alla Roma, ammonizione e squalifica), ma risulta ancora più incomprensibile l’azzardo di Corvino di affidare ai soli Mancosu e Acquafresca i galloni di vice Destro.
La serie B è una cosa, la serie A un’altra: e non sono nemmeno lontane parenti. Nel dubbio, Mancosu in tutto il 2015 fin qui ha segnato un gol in B (ma giocava ancora nel Trapani) e uno in A (al debutto con la Lazio).
ACQUAFRESCA di gol in A ne ha fatti invece una quarantina, ma si perdono nella notte dei tempi. E nell’anno solare che sta per chiudersi ha confezionato solo un misero gollettino all’Avellino.
Con questa conclamata anoressia offensiva si poteva sperare di salvare la pelle a Torino? No, se l’allenatore, nel giorno in cui deve già rinunciare a Destro, pensa bene di spedire in panchina il capocannoniere Mounier.
Senza Destro, senza Mounier, con un Giaccherini quasi subito azzoppato da Glick e con dieci rossoblù sotto la linea della palla, non si poteva fare tanto di più. Adesso invece si può, anzi si deve, chiedere al mercato di gennaio di ovviare alla più evidente delle lacune: ovvero reperire un alter ego di Destro. Con più soluzioni offensive a Donadoni non verrebbe più la tentazione catenacciara di sabato.
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