Caos a Rimini in guerra per le vongolare…

La guerra delle vongolare si combatte in piazzale Boscovich: tra divise bianche e blu di marinai, bandoliere dei carabinieri, color cremisi della polizia e camicioni a scacchi dei pescatori. Uno di loro, Giancarlo Cevoli, 59 anni, riminese, da una vita con le mani immerse in mare, si incatena. A un bancale sommerso da sacchetti di vongole. Che somigliano a quelli d’una trincea. Dietro alla quale s’appostano lui, Cevoli, che è il presidente della Cooperativa lavoratori del mare, e i suoi uomini.

Ha scagliato la chiave nel porto canale, Cevoli. Si sgola. E, in lacrime, minaccia di gettarsi. Dalla banchina. Poi grida. Protesta. Contro un’operazione della Capitaneria di porto che, ieri mattina, ha passato al setaccio le imbarcazioni. Con un obiettivo: verificare la conformità delle attrezzature da pesca (e in particolare delle draghe idrauliche) impiegate dalle vongolare. Secondo la legge, quelle draghe devono avere caratteristiche precise, tra cui quella di non superare i 6 quintali. Quelle controllate ieri mattina li passavano. E sono scattati i sequestri. Della merce e dell’attrezzatura. Apriti cielo. I pescatori si sono ribellati. E la protesta ha raggiunto il picco. Con Cevoli che s’è legato alle sue vongole: il prodotto d’una nottata in mare.

Gli uomini della Capitaneria hanno pesato le draghe. Il verdetto: alcune attrezzature da pesca pesavano fino a due volte il consentito dal decreto. Risultato: tre verbali amministrativi e relativi sequestri per un totale di 6mila euro, tre draghe idrauliche e 650 chili di vongole. Contro il blitz della Capitaneria, Cevoli non ha temporeggiato. Ha afferrato il catenone e s’è legato al bancale. Ai cronisti spiega, con la voce provata: “Hanno fatto un controllo, quelli della Capitaneria. E, per carità, hanno fatto il loro lavoro. In questo controllo hanno verificato le barche e hanno riscontrato che gli attrezzi non sono idonei e cioè più di sei quintali. Secondo la normativa, va sequestrato sia l’attrezzo che il pescato. Però, fino ad oggi, sono vent’anni che abbiamo pescato con questi attrezzi”.

 

Si scalda. Ricomincia: “Allora: o non hanno applicato le regole prima e quindi hanno commesso un abuso, oppure stamattina si sono sbagliati per fare i controlli con un attrezzo non omologato e non riconosciuto dalla normativa”. Intorno, si scatena il pandemonio. Anche gli altri scalpitano. Gridano. A squarciagola. E all’ingiustizia. Dice Cevoli: “Chiediamo tempo adeguato per metterci a posto”. A lui hanno sequestrato 48 sacchi di vongole. Che s’è legato al piede. Implora, in lacrime: “Dateci tempo e ci mettiamo a posto. Non toccate la roba, sennò mi butto in porto”. Lo calmano, gli uomini della Capitaneria. Ci parlano. Partono le trattative. Lo convincono a liberarsi dalla catena. E la tranciano: con una grossa tenaglia. Poi lo accompagnano in Capitaneria.

 

Dopo qualche minuto, Cevoli torna dai suoi. I militari non hanno ceduto. Bisogna rispettare la legge. Cevoli toglie la catena. Ma ordina ai suoi di piantonare le vongole sequestrate. Fino a quando cade anche l’ultimo baluardo. Quelle vongole vengono portate via. La guerra è finita.

 

In banchina tira un vento mai visto. Un vento strano. Di grida, disperazione. Protesta. I pescatori se la vedono brutta: “Vado in mare da sette anni — dice uno di loro — ma non hanno mai fatto controlli del genere». E ancora: “Se ci sequestrano gli attrezzi, come manteniamo le famiglie? Un sequestro, tra tutto, fa slittare il lavoro di quindici, venti giorni. E allora noi come lavoriamo?”. E i pescatori invitano gli uomini della Capitaneria a fare controlli “non solo qui, ma anche a Cattolica”. Entro la fine della giornata, un altro proprietario di un motopesca è stato sanzionato ai sensi del codice della navigazione per documentazione sanitaria relativa all’equipaggio dell’unità scaduta di validità.