Caro Diario, ti scrivo sempre dal confine Nord di Rimini. Qua la situazione si fa ogni giorno più complicata. Nelle mie chiacchierate giornaliere mi capita spesso di avventurarmi nei tempi che furono, guidato dai ricordi dei miei interlocutori.
Ho notato uno schema ricorrente che potrei riassumere così: i più grandi, quelli che erano vitelloni e zdore nel boom turistico per intenderci, vivono la nostalgia di quello che fu il turismo di massa. I più giovani ricordano la loro infanzia tra i turisti mentre i giovanissimi non capiscono di cosa stiamo parlando, perché quelle realtà non le hanno mai vissute, nemmeno marginalmente. Io che mi avvio ai 39 anni mi colloco nei giovani, quelli che hanno ancora qualche vago ricordo di un’infanzia vissuta nel turismo.
Ricordo mia mamma che faceva le stagioni negli hotel e guadagnava bene, Viserbella con 3 sale giochi e 5 parchi giochi, la passeggiata rumorosa e numerosa alla sera, l’odore delle cucine degli alberghi che lavoravano a pieno ritmo, il via vai dei villeggianti che andavano al campeggio e riempivano i bar e negozi. Ricordo il profumo della crema abbronzante appena arrivavi in spiaggia, la Diva con il suo gelato allo Yogurt, le reti elastiche e la sala giochi davanti al bagno 54, le feste in piazza dal prete con il liscio, la gradisca sul lungomare, la festa degli orti, la festa dell’unità estiva e invernale, la prima notte rosa. Menzione particolare nei miei ricordi è per la via Bruschi in piena attività con le sue serre sfavillanti e i campi coltivati che emanavano quel profumo unico, che potevi trovare solo in quella via e che per me è il profumo della mia infanzia e delle mie amicizie di una vita.
Momenti di vita vissuta, da me e dai miei coetanei a volte in maniera marginale vista la nostra età, ma che hanno segnato in maniera indelebile le nostre vite, gettando le basi di quello che è poi stato il nostro corso quando siamo stati chiamati ad organizzare noi gli eventi estivi ed invernali.
Sono ricordi ed esperienze bellissime ma, e su questo è necessario essere chiari, che non torneranno mai più. Non solo perché nella vita nulla è eterno, ma semplicemente perché quelle strutture alberghiere, quelle persone, quello spirito di volontariato unito a quella quantità di pubblico non esistono più. Il punto è che purtroppo molti, anche chi ci governa, non ha ancora capito che a questo punto della nostra storia è forse ora di fare i conti con noi stessi.
Continuiamo a celebrare i fasti del passato cercando in qualche modo di esorcizzare la decadenza del presente. Ma il mondo e cambiato e anche se abbiamo cercato in tutti i modi di resistere al cambiamento, dobbiamo accettare questa situazione.
Quello che manca oggi è una visione, una capacità di creare entusiasmo che possa rilanciare gli investimenti. La politica in questa fase si sta concentrando solo sul mantenimento del giudizio sul suo operato prendendo come unico dato quello della presenza alberghiera. Dato che spesso risulta fuorviante perché comprende eventi come il tour de France che ha portato per 1 giorno tantissime persone a Rimini ma che non ha spostato nulla in termine di qualità, oppure i gruppi low cost che riempiono gli hotel anche in piena stagione balneare. Un turismo con basso o scarso potere economico, che scelgono gli hotel solo per dormire una o due notti come tappa per proseguire i loro tour organizzati o per frequentare parchi di divertimento. Sono a tutti gli effetti presenze turistiche che però non lasciano nulla sul territorio e non consentono un ritorno a medio o lungo periodo.
Tutta la filiera risente di questa situazione e ormai il saldo è drammaticamente negativo. Ne ho già parlato altre volte ma forse è meglio ripetere il concetto: Non è più possibile reggere il peso economico di un’attività quando la stagione è ridotta a 25 giugno-25 agosto.