caso Fiat: Difendere le mele marce è immorale, antisindacale ed anticostituzionale….di Gianni Toffali

Con l’intento di boicottare la fabbrica, tre operai  della Fiat bloccano un carrello della linea di produzione. Giacché qualunque imprenditore “normale” non può tollerare che nella sua azienda “lavorino” dissidenti,  rivoluzionari e renitenti al lavoro, i tre vengono licenziati. I guastatori si rivolgono al giudice del lavoro, il quale ingiunge la Fiat di reintegrarli. Nell’attesa del secondo grado di giudizio previsto dall’ordinamento, Marchionne onde evitare che gli amanti della siesta, della pennichella e delle partite di calcio “riokkupino” la fabbrica, pur garantendo il pieno esercizio dei diritti sindacali, li riassume ma senza farli lavorare. I nemici giurati del compagno Stakanov si rivolgono allora a Napolitano, il quale, ricordandosi di essere prima che un presidente, un marxista, dà ragione ai compagni e torto al “padrone”. Il primo presidente comunista d’Italia, ha incassato i ringraziamenti non solo dei soggetti in causa, ma anche di non pochi uomini di chiesa. Gli stessi che, quando Napolitano si rifiutò di firmare una legge speciale per salvare la vita di Eluana Englaro, se ne stettero acquattati con la coda tra le gambe. Le forze sociali, gli imprenditori e l’opinione pubblica si devono rendere conto che, di questo passo, i sindacati di estrema sinistra distruggeranno  l’industria italiana. In parte l’hanno già fatto: nessuno si sogna di venire ad investire in Italia per non cadere nelle loro mani e di alcuni giudici ideologizzati che assolvono i lavoratori a prescindere, senza nemmeno analizzare i fatti. Difendere le mele marce è immorale, antisindacale ed anticostituzionale.

Gianni Toffali  Verona