Addio gli ha detto questa mattina Giuliano Ferrara, suo vecchio compagno d’avventure.
Avventure politiche, intellettuali, umane, altissime. E bellissime.
A me piange il cuore sapere, vedere, che i miei nipoti non potranno mai vedere, sentire, parlare con Lino, nemmeno con uno come Lino.
Nella vita ci sono dei fari, quando è buio li guardi e non ti perdi.
Vedo sempre meno fari in giro.
E’ stato questo Lino per me, ci sono stati altri Lino, ma Lino era Lino. Lino Iannuzzi.
Lo leggevo da ragazzo, andavo sempre a cercare i suoi articoli, per capire, per capire se avevo capito.
L’ho conosciuto poi in Parlamento, eravamo diventati “colleghi”, incredibile.
Dire amici è dire troppo. Ma si.
Ma parlavamo, ci conoscevamo, ci riconoscevamo, la stessa banda di gente di sinistra, socialista, craxiana, alla quale la sinistra non la dava a bere.
Tangentopoli, la via giudiziaria della creazione dei ladri e dei mostri, della sinistra, per abbattere Craxi e i socialisti noi non ce la siamo mai bevuta. Subito. Dall’inizio.
La via della mafia per abbattere Andreotti prima e poi Berlusconi, non ce la siamo mai bevuta.
E Lino era quello con i suoi scritti, le sue inchieste, le sue parole in faccia a noi, che allontana da noi quel calice velenoso.
E così sulle stragi addebitate a Berlusconi, sulle “trattative Stato Mafia”, sull’antimafia di professione mafiosa dei simboli diventati sporcizia intellettuale e morale.
Non ce la siamo mai bevuta. Grazie a Lino.
Un faro enorme. Capite?
Noi stavamo lì, gioco forza avevamo scelto Berlusconi perché l’antiantiberlusconismo ci faceva schifo. Perché Tangentopoli e gli “stato mafia” ci facevano schifo. Perché la sinistra che aveva perso nella storia, che seppelliva nel fango giudiziario la sinistra che aveva vinto e che era la nostra, ci faceva schifo.
Lui i costosi cubani, io il più costoso dei toscani.
Troppo per le nostre tasche. Ma indispensabili.
Nel giardino della Camera chiacchieravamo.
A me sembrava incredibile star lì con uno dei miei miti a chiacchierare. Ma così era.
Una volta mi presento’ alla moglie come una giovane promessa. Si sbagliava anche lui.
Alla presentazione del film documentario sulla vita di Bettino Craxi, “la mia vita è stata una corsa”, di mio figlio Paolo, Berlusconi venne verso di me e mi disse: complimenti un bel lavoro.
Gli dissi: Presidente non sono io il regista ma mio figlio Paolo. Dov’è, mi disse, lo voglio salutare.
Era li Lino, rivolto a Berlusconi gli disse: Silvio, il figlio è molto più bravo del padre!
Berlusconi annuì, il Presidente Ciampi sorrise.
Porto nel cuore quella immagine.
Ciao Lino.
Sergio Pizzolante