Commissione inchiesta banche. La vicenda Barclays, banca Kovanica, l’isola del tesoro e l’ipoteca che non c’è, ovvero come fu che nacquero gli NPL … di Alberto Forcellini

Il credito più importante concesso da Cassa di Risparmio e poi divenuto non performante, comincia la sua storia nel 2005 con un finanziamento di 10 milioni a favore di alcune società del Gruppo di Francesco Bellavista Caltagirone. Il Cda, dopo attenta valutazione, autorizza la concessione.

Qualche tempo dopo, sempre nel 2005, il direttore Simoni e il vice Renzi portano in Cda una pratica per l’affidamento di 25 milioni ad un’altra società dello stesso Gruppo. La quale società intende costruire alcune villette presso le isole Turks and Caicos, territorio inglese nel mar dei Caraibi. Le garanzie offerte erano ipoteche sui terreni dove avrebbero dovuto essere costruite le villette. Le verifiche sono sommarie, il processo decisionale assai farraginoso. Tuttavia, nell’aprile 2006 la pratica viene accolta, con l’aggiunta di una dilazione della scadenza da 36 a 60 mesi. In effetti, il progetto era tutto una truffa.

Intanto, il fido già riconosciuto viene aumentato di 5 milioni, il che porta ad un totale di 40 milioni concessi al Gruppo, perfino con agevolazioni, facendo salire a 45 milioni l’esposizione della banca. E qui si innestano le vicende giudiziarie di Caltagirone per la vicenda IMI-SMIR. Le accuse di riciclaggio si intersecano con un finanziamento di oltre 27 milioni concesso da Carisp alla società Acqua Marcia, sempre del Gruppo Caltagirone. Ci furono risvolti giudiziari anche a San Marino, con processi ancora in corso. In Italia, la faccenda andò un po’ peggio, con l’arresto di Caltagirone e il crack dell’intero Gruppo.

Il totale della perdite al 31 dicembre 2020 era calcolato in 50 milioni di euro. Dall’ottobre del 2020 sono anche partite le azioni di recupero, molto onerose a dire il vero, poiché lo stato diritto nella colonia britannica dove dovevano sorgere le villette, sembra piuttosto precario. L’attuale governance di Cassa non esclude neppure la transazione con l’ex Gruppo Caltagirone, ma alla fine il recupero sarà ben poca cosa.

La vicenda Barclays. Una delle perdite più consistenti della vita di Carisp. Questa la sintesi che fa la Commissione di una storia nata nel 2003 con l’obiettivo di un finanziamento destinato alle società del Gruppo Delta e garantito dai loro prestiti al consumo. L’operazione piuttosto complessa prevedeva un finanziamento da 700 milioni. Cassa acquistò 450 milioni di titoli, di cui 200 erano first-loss credit default swaps aventi come sottostante di riferimento le società controllate di Barclays e 250 milioni di CDO al quadrato: titoli molto rischiosi e oltremodo complessi. L’ex direttore Luca Simoni racconta che quando arrivò in Cassa e vide queste cose, disse subito che era robaccia e che non la voleva. Quindi trattò con il vendor della Barclays e riuscì a vendere delle tranches per fasi successive. Alla fine Cassa ci rimise 83 milioni e fece causa alla Barclays. Ma il tribunale inglese non diede ragione a Cassa. La quale tardò a fare appello perché era molto costoso e non aveva liquidità. Così perse perfino la possibilità di ricorrere. Nelle maglie di questa storia molto intricata compaiono diversi personaggi che furono coinvolti nelle diverse trattative. Tra questi, un dipendente di banca Commerciale (non citato nel testo) e il ragioniere Stefano Palmieri, ex Consigliere ed ex Reggente di Alleanza Popolare (oggi RF), che con il suo intervento “contribuì al rigetto della richiesta di appello tardivo avverso la sentenza di primo grado della Corte di Londra (…)”

Da queste posizioni nacque un contenzioso tra Palmieri e la Cassa, dalla quale si licenziò e andò a lavorare in Asset, per poi rientrare in Cassa quando Asset fu chiusa.

Tra le tante storie di dissesti, la Commissione fa una speciale menzione per banca Kovanica, risultata uno dei maggiori crediti non performanti. La storia inizia nel 2013 con un primo acquisto dei crediti di questa piccola banca slava che navigava in cattive acque. Poi si aggiunsero ulteriori posizioni, e poi ancora altre sempre con la modalità di aumenti di capitale, sottoscrizione di strumenti ibridi, costituzione di una società immobiliare finanziata da Carisp, nella quale confluivano i crediti NPL assistiti da garanzie ipotecarie.

Oggi la partecipazione in banca Kovanica è iscritta a bilancio per poco più di 20 milioni, a fronte di un esborso di 84. Le svalutazioni contabilizzate sulla partecipazione ammontano a circa 63 milioni. La Commissione riporta puntualmente l’evoluzione avvenuta negli anni di questa partecipazione, commentando che, tutto sommato si è rivelato un “investimento imprudente”. La nota positiva è che la recente ristrutturazione è riuscita a riportare in bonis una banca che rischiava la chiusura.

In tutti i capitoli della sua relazione finale, di cui ne riportiamo solo alcuni con la necessaria sintesi per agevolare la lettura, la Commissione rileva come i vari Cda di Cassa abbiano concesso finanziamenti anche molto sostanziosi senza le necessarie verifiche, né con sufficienti garanzie. Come nel caso Caltagirone, che si rilevò come una truffa da commedia all’italiana, nessuno si prodigò di recuperare neppure l’ipoteca che era stata firmata correttamente (le altre erano state solo scarabocchiate).

Incompetenza, superficialità, menefreghismo? O altro? Non lo sapremo mai. La storia racconta che queste premesse, unite alla crisi internazionale dei mercati, l’indagine Varano, il crollo di Delta, l’arrivo degli uomini di Confuorti, contribuirono alle cause che hanno portato la Cassa di Risparmio sull’orlo del fallimento. Il tutto agevolato da uno stuolo di professionisti, consulenti, presidenti, dipendenti che: o erano incompetenti, o erano in malafede. Di certo erano molto ben pagati, mentre il danno che hanno fatto al più antico istituto bancario sammarinese e al Paese, non lo ripagheranno mai.

a/f