
La leadership di Giuseppe Conte sull’intelligence italiana rischia di subire in futuro un brusco stop. Ai partiti della maggioranza giallorossa, da tempo, vanno indigesti i “giochi di spie” del premier che ha sfruttato le prerogative attribuitegli sull’intelligence per farne, mese dopo mese, un feudo personale a partire dalla sua entrata al governo nel 2018.
Da tempo gli analisti e i commentatori politici avevano notato la passione di Conte per l’intelligence e la malcelata volontà di esercitare influenza al suo interno. Valzer di nomine, norme per i rinnovi delle cariche apicali inserite sottobanco, da ultimo il goffo tentativo di creare l’Istituto italiano di cybersicurezza che ha scatenato la fronda della maggioranza. Spingendo dunque a far ventilare l’ipotesi dell’istituzione di un’autorità delegata cui conferire i poteri di coordinamento su Dis, Aisi e Aise mai ceduti da Conte nel corso dei suoi due governi
L’idea della delega trova concordi tutti gli azionisti di maggioranza del governo. Nel Movimento Cinque Stelle si rimprovera al premier l’eccessivo personalismo del premier. “Dopo due anni credo che ci si possa interrogare seriamente sul tema, visto che sulla testa del presidente Conte grava anche l’enorme sforzo legato alla pandemia e alle trattative sul Recovery plan”, ha detto Federica Dieni, parlamentari M5S al Copasir, che ha chiesto per i pentastellati la delega. “Spetta a noi”, hanno dato a intendere i dem Enrico Borghi e Andrea Orlando, col Nazareno che starebbe pensando come suoi candidati ad Andrea Romano ed Emanuele Fiano. Mentre è noto che Matteo Renzi e Italia Viva da tempo puntino sul coordinatore nazionale della formazione Ettore Rosato facendo pesare le entrature dell’ex premier con gli apparati di potere internazionali.
Conte potrebbe, una volta di più, spiazzare tutti. Puntando sulla scelta di un nome tecnico per la concessione della delega. “Favorendo il nome di un partito se ne scontenterebbe automaticamente un’altro rischiando così di aprire nuove crepe all’interno della maggioranza” il ragionamento che si fa a palazzo Chigi secondo Affari Italiani, che ipotizza come futuro coordinatore dell’intelligence all’interno del governo una figura istituzionale pescata al Consiglio di Stato come delegato del Premier. Una mossa che difficilmente farebbe contenti i partiti della maggioranza, in quanto non risolverebbe il problema politico centrale nella discussione sui servizi: la volontà di Conte di accentrare il controllo su di essi per nutrire le sue legittimazioni interne all’apparato istituzionale e preparare un futuro politico. In una fase drammatica per il Paese, Conte vuole consolidarsi e impedire di trasformarsi in una figura “sacrificabile” quando, da gennaio, bisognerà sciogliere i nodi più complessi nella maggioranza.
Un esponente del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica è arrivato a far trapelare parole di fuoco, contattato da Linkiesta: “Si vede come Giuseppe Conte, in trasparenza, intenda creare un super servizio segreto con sé stesso al vertice, con un fine trasparente: imbastire una maxi cordata nei gangli fondamentali dello Stato, che costituisca l’asse portante di riferimento per un suo partito”. Dall’istituzione della figura, nel 2007, due volte l’autorità delegata alla sicurezza della Repubblica è stato un esponente “terzo” e non affiliato ufficialmente ad alcun partito, ma parliamo di situazioni incomparabili a quella attuale. Il primo fu Gianni Letta, non iscritto ufficialmente al Popolo delle Libertà ma totalmente interno al sistema della coalizione di centro destra.
Il secondo, invece, fu Gianni de Gennaro, prefetto ed ex capo della Polizia, scelto tra il 2012 e il 2013 da Mario Monti nel contesto, però, di un governo tecnico e senza ministri partitici.
In entrambi i casi si trattava di figure di altissimo profilo istituzionale mai giocabili in alcun caso contro le forze che sostenevano la maggioranza. La scelta di Conte andrebbe invece nella direzione opposta e rischierebbe di alimentare nuove tensioni e nuovi scontri tra i partiti di governo. Il pasticcio di Conte è frutto di una bulimia di potere unita a una sostanziale inesperienza ai rituali della politica, che hanno fatto dell’intelligence un patrimonio nazionale bipartisan che è pericoloso sacrificare alle ambizioni di un singolo o di una forza politica. E questo errore può esser pagato dal premier gravemente, pregiudicando la sua futura credibilità agli occhi della sua stessa maggioranza. I partiti non sono disposti a cedere: e il premier, ridimensionato nella sua capacità di mediazione, sta giocando col fuoco.
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