Non c’e’ una soluzione ideale per tutte, ma ogni azienda dovra’ fare i conti con la propria organizzazione. Di certo, le imprese maggiori si sono gia’ mosse e sono pronte, o quasi, ad affrontare la black list. Avranno maggiori problemi le piccole: non tutte hanno infatti le risorse per affrontare gli scogli inseriti nel decreto incentivi italiano. I rappresentanti del Collegio dei commercialisti e ragionieri della Repubblica di San Marino e quelli della Camera di commercio, poco prima di incontrare oggi il segretario per l’Industria, Marco Arzilli, proprio per fare il punto sull’emergenza black list, spiegano cosa stanno facendo o cosa possono fare le imprese sammarinesi per continuare a vivere. “Essere nella black list dell’Italia non implica altro che una comunicazione aggiuntiva per ogni scambio commerciale che si ha tra imprese italiane e sammarinesi”. Tanto basta pero’ per disincentivare ogni rapporto: “Anche grazie alla pubblicita’ che ci stanno facendo i commercialisti italiani- lamenta uno dei rappresentanti della Ccsm- ai nostri clienti gli dicono di non comprare piu’ a San Marino, altrimenti finiscono nel mirino del Fisco”.
Cosa resta da fare agli imprenditori sammarinesi? Due le possibilita’: aprire una sede secondaria dell’azienda, con rilevanza fiscale come stabile organizzazione, o una “commissionaria” che vende in conto proprio ma anche per conto del committente. Compito dell’agenzia, che assume il ruolo da intermediario negli scambi commerciali, sara’ anche quello di compiere gli adempimenti previsti dal decreto incentivi, in modo da evitarli a clienti e fornitori.
Se le aziende piu’ importanti hanno gia’ avviato le pratiche per aprire una “commissionaria” in via esclusiva, per le piu’ piccole e’ possibile anche creare un “consorzio” che svolga le attivita’ per piu’ committenti, in modo da ridurre i costi. E, come ogni azienda italiana che si rispetti, dovra’ pagare le tasse oltre confine.
Di certo, “il gioco non vale la candela per molte imprese”, conclude uno degli imprenditori della Camera di commercio: “Tanto vale chiudere bottega e andare in Italia se non si trova una soluzione alternativa a breve”.
Della Torre uno