Se i dati sulla chiusura del bilancio 2024 di Banca di San Marino verranno confermati dall’assemblea dei soci convocata per il prossimo 17 maggio, sarà del tutto chiaro che esiste la possibilità di far fronte ai due impellenti problemi che il Direttore, Aldo Calvani da un lato, e il Presidente dell’Ente Cassa Faetano, Marco Beccari dall’altro, hanno evidenziato il 12 aprile scorso. La ricapitalizzazione necessaria al rafforzamento del capitale proprio, richiesta da Banca Centrale, potrà avvenire su base pluriennale (36/40 mesi), mentre l’ECF attraverso la distribuzione di un dividendo minimo (circa il 10% dell’utile) potrà versare a Banca Agricola la rata del mutuo per l’anno in corso. L’urgenza con cui il direttivo dell’ECF intende concludere la vendita del pacchetto di maggioranza della banca può essere rallentata dalle buone notizie che emergono dal bilancio chiuso al 31 dicembre 2024, notizie che mettono in evidenza come la Banca di San Marino disponga di un discreto capitale proprio, di un ottimo andamento della liquidità, della capacità totale di accantonare riserve anche per far fronte agli Npl, e di produrre gli utili necessari per un’adeguata ricapitalizzazione. Questa importante ‘boccata d’ossigeno’ consente di essere più riflessivi, approfondire le proposte, capirne l’essenza, senza lasciarsi prendere dalla fretta di concludere e quindi senza aver valutato a fondo non solo l’affidabilità di potenziali nuovi soci né tantomeno i valori che si intendono mettere in campo.
“Occorre prudenza” dicevo in un precedente intervento, anche alla luce delle evoluzioni che subirà il nostro sistema bancario immediatamente dopo la firma dell’accordo di associazione con l’Unione Europea, e al ruolo che potrebbero svolgere i nuovi proprietari. Occorre prudenza anche da parte della politica, perché la cessione della maggioranza di uno dei quattro istituti bancari a operatori esteri non rappresenta una semplice vendita, ma la trasformazione della prassi nella politica finanziaria dell’intero Paese.
Non dimentichiamo che le difficoltà di definizione dell’accordo con l’Unione Europea risiedono in via prioritaria nel rapporto di fiducia che potrà essere solo rafforzato con l’ormai famoso ‘clarifying addendum’.
La UE e l’Italia in particolare, ci hanno fatto chiaramente capire, se ancora non lo avevamo capito, che non possono permettersi che in uno degli Stati che opera sul loro mercato finanziario ci siano società finanziarie e tanto meno banche, che rappresentano un rischio non tanto per la concorrenza, ma per la stabilità delle regole. La questione della cessione del pacchetto di maggioranza di BSM non è quindi solo di natura economica e non riguarda solo l’ECF, ma è soprattutto un tema di natura politica. Banca Centrale, cui spetta l’ultima parola, è chiamata quindi non solo a valutare le consistenze patrimoniali degli eventuali clienti, ma ben altro, sapendo che la scelta ricadrà inevitabilmente sull’intero sistema finanziario sammarinese e più in generale sul futuro dell’intera Repubblica.
(Giuseppe Maria Morganti – socio ECF e membro del Consiglio Grande e Generale)