“Drammi come Hiroshima se l’uomo si sostituisce a Dio”

 «Le tragedie di Hiroshima e Nagasaki, dove l’energia atomica, utilizzata per scopi bellici, ha finito per seminare morte in proporzioni inaudite» debbono rappresentare un «perenne monito» per l’umanità. Lo ha affermato Benedetto XVI nell’omelia della messa di Pentecoste, rilevando che però come accadde nel decidere quei bombardamenti anche oggi troppo spesso «l’essere umano sembra affermare se stesso come dio e voler trasformare il mondo escludendo, mettendo da parte o addirittura rifiutando il Creatore dell’universo».

«L’uomo – ha denunciato il Papa – non vuole più essere immagine di Dio, ma di se stesso; si dichiara autonomo, libero, adulto». Per Ratzinger, «evidentemente tale atteggiamento rivela un rapporto non autentico con Dio, conseguenza di una falsa immagine che di Lui si è costruita, come il figlio prodigo della parabola evangelica che crede di realizzare se stesso allontanandosi dalla casa del padre».
 

«Nelle mani di un uomo così – ha ammonito il Pontefice – il ‘fuoco’ e le sue enormi potenzialità diventano pericolosi: possono ritorcersi contro la vita e l’umanità stessa, come dimostra purtroppo la storia». Questo è accaduto con i bombardamenti atomici sul Giappone ma, per il Papa, «si potrebbero in verità trovare molti esempi, meno gravi eppure altrettanto sintomatici, nella realtà di ogni giorno».

Nella sua omelia, il Papa ha posto a confronto Gesù e la figura mitologica di Prometeo «impossessatosi delle energie del cosmo», un racconto che, ha ricordato, «richiama un aspetto caratteristico dell’uomo moderno». Per il Papa il dominio dell’uomo sul mondo può essere però utilizzato per il bene se egli si apre allo Spirito scegliendo Cristo. «La Sacra Scrittura – ha aggiunto – ci rivela che l’energia capace di muovere il mondo non è una forza anonima e cieca, ma è l’azione dello ‘spirito di Dio che aleggiava sulle acque all’inizio della creazione. E Gesù Cristo ha portato sulla terrà non la forza vitale, che già vi abitava, ma lo Spirito Santo, cioè l’amore di Dio che ‘rinnova la faccia della terrà purificandola dal male e liberandola dal dominio della morte».

«Questo ‘fuoco’ puro, essenziale e personale, il fuoco dell’amore – ha concluso Benedetto XVI – è disceso sugli Apostoli, riuniti in preghiera con Maria nel Cenacolo, per fare della Chiesa il prolungamento dell’opera rinnovatrice di Cristo».

<Nel mondo antico la tempesta era vista come segno della potenza divina, al cui cospetto l’uomo si sentiva soggiogato e atterrito. Ma vorrei sottolineare anche un altro aspetto: la tempesta è descritta come ‘vento impetuoso’, e questo fa pensare all’aria, che distingue il nostro pianeta dagli altri astri e ci permette di vivere su di esso. Quello che l’aria è per la vita biologica, lo è lo Spirito Santo per la vita spirituale; e come esiste un inquinamento atmosferico, che avvelena l’ambiente e gli esseri viventi, così esiste un inquinamento del cuore e dello spirito, che mortifica ed avvelena l’esistenza spirituale».

«Allo stesso modo in cui non bisogna assuefarsi ai veleni dell’aria, e per questo l’impegno ecologico rappresenta oggi una priorità, altrettanto si dovrebbe fare per ciò che corrompe lo spirito – ha proseguito il Papa – Sembra invece che a tanti prodotti inquinanti la mente e il cuore che circolano nelle nostre società, ad esempio immagini che spettacolarizzano il piacere, la violenza o il disprezzo per l’uomo e la donna, a questo sembra che ci si abitui senza difficoltà».
 

«Anche questo è libertà, si dice, senza riconoscere che tutto ciò inquina, intossica l’animo soprattutto delle nuove generazioni, e finisce poi per condizionarne la stessa libertà – ha sottolineato – La metafora del vento impetuoso di Pentecoste fa pensare a quanto invece sia prezioso respirare aria pulita, sia con i polmoni, quella fisica, sia con il cuore, quella spirituale, l’aria salubre dello spirito che è l’amore».