Giovanni Toti era un giovane socialista e questo basta, come aggravante, a quanto pare.
Non lo so, è un dubbio che mi viene, un pensiero che gira e rigira e affiora.
Lo rigetto, perché odio il vittimismo, ma quello riappare e non riesco a respingerlo.
Penso alla brutalità del trattamento, penso a quanto altrettanto brutale sia stato per Del Turco e poi Pittella.
E poi lo scandalo in Piemonte di qualche mese fa, l’indagato del Pd, con il figlio capo gruppo in Regione, sempre del Pd, da 30 anni nel Pd, che però per i titoli dei giornali, anche del
tg1, diventa esponente del Psi di Craxi.
Hanno arrestato un craxiano!
Nel caso di Toti si è detto che ha creato una sorta di Genova da bere.
Craxiano, socialista, sinonimo di malaffare.
Io sono craxiano e socialista.
Ancora. Nonostante sia chiaro, chiarissimo ormai, il golpe e la manipolazione mediatica di 30 anni fa.
Ci sono le testimonianze di Giovanni Pellegrino, nell’intervista a Francesco Verderami, sulle assicurazioni di D’Alema: Mani Pulite sarà contro i socialisti! E i democristiani e la Prima Repubblica.
Ci sono le testimonianze di Polito, Sansonetti ed altri sul pool dei principali 4 giornali italiani schierati pro Pool della Procura contro, a senso unico, Craxi e compagni.
Ci sono mille testimonianze.
Ma non bastano a rimuovere un racconto immondo. Demenziale.
Perché? Perché molti di coloro che raccontano erano lì a raccontare allora.
Quindi raccontano se stessi. Attraverso la loro immonda coscienza.
Che è diventata coscienza collettiva.
Da raccontare ancora. Serve quindi un cliché.
Perenne cliché.
Tutta questa lunga premessa per delineare il contesto di questa miserabile coscienza collettiva italiana.
Per meglio capire il caso Toti.
L’humus politico, culturale e immorale nel quale siamo immersi.
Il ribaltamento della logica e del diritto e della democrazia. In Italia.
30 anni fa bisognava abbattere Craxi e Andreotti e il Pentapartito, i partiti, la politica e quarant’anni di Repubblica democratica.
Quindi non si è badato a mezzi.
Arresti a raffica, retate, come ricatto, come tortura. Se parli esci. Se accusi chi ti dico io esci. Sei libero. Sei libero se ammetti di essere un delinquente, se accusi altri di essere delinquenti.
Se ti dichiari innocente stai dentro.
Carcere preventivo a go go.
Quindi questi mezzi, fascisti, sì fascisti, sono diventati popolari fra gli antifascisti. La “sinistra progressista e antifascista”.
L’anormale e’ diventato normale.
E, con alti e bassi, la popolarità e’ cresciuta.
Il fascismo politico giudiziario è diventato accettabile, accettato, da usare all’occorrenza, quando governano i nemici e attenzione, attenzione, quando governano gli amici che però non sono allineati. Quando si disallineano. Quando hanno la pretesa di scrollarsi di dosso questa tarantola.
Ecco, cosa si chiede a Toti, cosa si pretende da Toti.
Di dare ragione ai suoi carcerieri. In via preventiva. Incarcerato e grandemente sputtanato sui giornali, adesso deve arrendersi, deve dare ragione ai suoi accusatori se vuole tornare ad essere libero. Deve dimettersi, come ammissione di colpa. Non deve arrivare, non può arrivare ad un dibattimento, in un Tribunale, per dimostrare la sua innocenza, deve dare ragione all’accusa prima.
Il processo c’è già stato. La sentenza è anticipata.
Cari giudici ho capito, non lo rifarò più, non farò più il presidente, non farò più politica. Fine.
Fine.
E’ una barbarie.
Figlia della grande barbarie di cui sopra.
Di un Paese barbaro.
Nel silenzio diffuso.
Ipocrita, mediocre, infame, disgustoso.
Per paura?
Allora grazie al coraggio e alla forza di Toti.
Non durerà ancora molto. Sta cedendo. Cadrà.
Ma grazie per aver resistito un po’. Grazie.
Per connivenza?
Allora grazie ancora a Toti.
Perché sta dalla parte opposta.
Per viltà?
Grazie a coloro, pochi, pochissimi, da Cassese a Caiazza a Fiandaca a Cerasa a Ferrara, che vili non sono.
Sergio Pizzolante