Divisi a Lussemburgo come a Bruxelles. Tra i vari Stati membri e perfino nella Commissione. Il dossier energia continua a spaccare l’Europa e, alle tensioni sul price cap sul gas e sullo scudo da 200 miliardi annunciato da Berlino si aggiunge un nuovo punto di attrito: la messa in campo di un fondo ad hoc, sul modello Sure, per far fronte al boom dei prezzi dell’energia.
E’ la prima volta che l’idea esce chiaramente allo scoperto nei tavoli europei. A citarla, in una lettera, sono i commissari Paolo Gentiloni e Thierry Breton mentre alla riunione dell’Ecofin, a porla sul tavolo è stato il ministro delle Finanze francese Bruno Le Maire. Il nuovo fondo per la crisi energetica piace, tra gli altri a Italia e Francia. Ma al momento appare molto lontano: Palazzo Berlaymont è scettica, Germania e Olanda hanno già issato un muro. La riunione dei ministri delle Finanze a Lussemburgo è finita come è iniziata: con un’Europa che sul fronte energia stenta a trovare il bandolo della matassa.
Una novità, invero, c’è stata: l’intesa all’aggiunta di un nuovo capitolo al Piano nazionale di ripresa e resilienza per ottenere i fondi del RePowerUe. Una voce ad hoc, tutta incentrata sugli investimenti per l’autonomia energetica dell’Ue.
Il Repower fa perno su 200 miliardi di prestiti residui del Next Generation Ue (l’Italia ha già chiesto l’intera quota che gli spettava) e su 20 miliardi di sovvenzioni. Questi ultimi, secondo lo schema iniziale della Commissione, sarebbero stati raccolti dalla vendita all’asta delle quote del sistema Ets. Ma qui l’Ecofin ha apposto una modifica optando per una combinazione di fonti: il Fondo per l’innovazione per il 75% e l’anticipo delle quote Ets per il 25%.
L’Italia potrebbe avere una strada ulteriore da seguire: finanziare le misure del Repower usando i fondi di Coesione. “Lavoreremo su ulteriori flessibilità temporanee per quanto riguarda i fondi rimanenti nel periodo di finanziamento 2014-2020”, ha annunciato il vice presidente della Commissione Valdis Dombrovskis. “Usiamoli per iniziative mirate a sostegno di Pmi e famiglie vulnerabili”, ha spiegato la commissaria Ue per la Coesione Elisa Ferreira.
Per l’Italia il tesoretto – che include anche la quota del programma React Eu – si aggira attorno ai 40 miliardi. Ma se Raffaele Fitto, tessitore dei rapporti di Fdi in Ue, ha accolto l’idea, tra gli enti locali, soprattutto del Meridione, l’iniziativa potrebbe incontrare resistenze. L’idea dell’utilizzo dei Fondi di Coesione: usare i fondi già esistenti per la crisi energetica. E’ un punto che mette insieme i falchi del Nord e parte dell’esecutivo Ue e che fa da contraltare alla possibile messa in campo di un dispositivo Sure 2 (il primo è stato creato nella crisi Covid contro la disoccupazione).
“Sull’idea i Paesi sono divisi”, ha ammesso la presidenza ceca dell’Ue. L’Olanda, ad esempio, non ritiene il dispositivo necessario. “Abbiamo miliardi e miliardi a disposizione, liberiamoli”, ha suggerito la ministra delle Finanze Sigrid Kaag. Il suo omologo tedesco, Christian Lindner, ha scandito no a nuovi strumenti “in un questo scenario di inflazione” ribadendo che lo scudo tedesco è “mirato e pensato per tre anni”. Le critiche alla Germania non si fermano. Gentiloni e Breton ammoniscono di ‘non alterare il mercato interno’. E il cancelliere tedesco Olaf Scholz: “Alcuni Paesi gia’ da tempo fanno quello che noi ci siamo preposti di fare per i prossimi anni’.
A Gentiloni, secondo cui Sure 2 sarebbe “un modello realistico contro la frammentazione” ha risposto anche il portavoce della Commissione, Eric Mamer. “Gli editoriali (di Gentiloni e Breton, ndr) sono iniziative personali dei commissari competenti e non impegnano la Commissione”, ha spiegato, ricordando tuttavia, l’impegno di Ursula von der Leyen per soluzioni comuni e non distorsive del mercato. Mercoledì una riunione dei commissari potrebbe fornire una primissima risposta: una lettera da portare al vertice dei leader in Repubblica Ceca, venerdì. Una base di discussione tra chi vuole il price cap al gas e il fondo Sure 2 e chi non vuole stravolgere lo status quo. E tra i muri del Castello di Praga l’Europa sarà chiamata ad una mediazione, prima che sia troppo tardi.
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