La Corte d’Appello di Bologna ha confermato la sentenza di primo grado del tribunale di Ravenna, dichiarando che il fatto “non costituisce reato.” L’assoluzione, che riguarda due uomini accusati di violenza sessuale di gruppo per induzione, è stata motivata dal consenso della giovane coinvolta, che all’epoca aveva 18 anni e si trovava in stato di alterazione alcolica. Secondo i giudici, non ci sono state costrizioni né azioni che configurino un reato.
La ricostruzione dei fatti
La vicenda risale all’ottobre del 2017, quando la ragazza, dopo aver consumato alcol in un locale di Ravenna, venne accompagnata in un appartamento. Qui fu ripresa sotto la doccia e durante il rapporto sessuale. In seguito, la giovane denunciò i fatti, sostenendo di ricordare solo frammenti della serata. Gli imputati, un ex calciatore del Ravenna Calcio e un commerciante d’auto, avevano sempre dichiarato che il rapporto fosse consensuale, una versione accolta prima dal Riesame e poi dal collegio penale.
Le motivazioni del giudizio
I giudici di primo grado hanno ritenuto che la ragazza, nonostante avesse bevuto, fosse in grado di dare un consenso valido. Le riprese video, seppur considerate deprecabili, non hanno evidenziato costrizioni o violenze. Per questo motivo, la Corte d’Appello ha confermato la decisione di assoluzione, rigettando le accuse avanzate dalla Procura Generale, che in primo grado aveva chiesto pene fino a 9 anni di reclusione.
La reazione e le polemiche
Il caso ha suscitato un forte dibattito, con polemiche sulla percezione del consenso e sul ruolo delle immagini. Dopo la prima sentenza, diverse associazioni avevano organizzato manifestazioni contro la violenza di genere, esprimendo perplessità sulla decisione. Tuttavia, i giudici hanno mantenuto la loro linea interpretativa, ritenendo che il comportamento degli imputati non configurasse un reato secondo le prove presentate.
Una vicenda complessa e divisiva
La conclusione del processo in appello lascia aperto un dibattito più ampio su temi quali consenso, abuso di condizioni di inferiorità fisica o mentale, e l’interpretazione delle immagini come prova. La vicenda, pur chiusa dal punto di vista giudiziario, continuerà probabilmente a far discutere su come il sistema legale affronta casi di questa natura.