
LA BOMBA era scoppiata nel nel 2012, al termine di un’inchiesta di Guardia di finanza e Agenzia delle Entrate. Al centro di tutto, due imprenditori riminesi, Marco Ceccoli e Maurizio Nicosia, titolari di un società informatica, con sede legale a Riccione. Ed era stato nel corso di un controllo che le Fiamme Gialle avevano scoperto che nei conti della società c’era qualcosa di sospetto. Passando al setaccio tutta la documentazione, alla fine degli accertamenti gli investigatori avevano fatto venire alla luce una marea di nero’, quantificato in quasi tre milioni di euro.
Per evadere il fisco, avevano ricostruito gli inquirenti, i due imprenditori avevano utilizzato una società con sede a San Marino, dove non c’era però nemmeno il personale. Da lì arrivavano’ le consulenze con relative fatture fasulle.
I FINANZIERI avevano così fatto scattare il sequestro preventivo di parecchi beni, e qui, secondo l’accusa, gli imprenditori avrebbero messo in atto il trucco’, di concerto con il notaio Ortolani e il funzionario della Camera di Commercio, Giuseppe Mazzarino. Secondo la ricostruzione degli investigatori, proprio per vanificare i sigilli delle Fiamme Gialle, con un atto costitutivo firmato davanti al notaio, avevano cercato di cambiare la ragione sociale della loro impresa, da Snc (società in nome collettivo) a Srl (società a responsabilità limitata), con un capitale minimo. L’atto, firmato appunto davanti al notaio, era stato poi iscritto alla Camera di Commercio dal funzionario imputato. Un atto di trasformazione, sostiene però la difesa del professionista che è stato precedente al sequestro che lui non poteva certo prevedere e gli atti che hanno portato all’iscrizione sono stati fatti come prescrive la legge. Gli imprenditori in sede di conciliazione hanno invece versato al Fisco 2 milioni di euro. Il Resto del Carlino