Firenze. Schiaffo del Papa ai vescovi Italiani. “Basta con ossessione e potere”

Papa FrancescoÈ IL PRIMO Convegno ecclesiale dopo la presidenza Ruini alla Cei. E si vede. Il Papa che apre i lavori, anziché chiuderli come in passato, indica i temi del dibattito e la linea in perfetto stile Bergoglio che i vescovi sono chiamati a seguire nei prossimi anni. Francesco apprezza una «Chiesa italiana inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti» che non sia «ossessionata» dal potere, dal difensivismo, che teme il confronto fra culture, che non va controcorrente.
Nella sua visita pastorale lampo a Prato da ‘pellegrino di passaggio’ diretto poi a Firenze, il Santo Padre cerca di medicare le ferite di una città colpita dalla crisi e dallo sfruttamento del lavoro. L’invito dal pulpito del duomo a estirpare «il cancro della corruzione», a dare un «lavoro dignitoso» e a rispettare la «sacralità» di ogni individuo, contrastando la cultura dell’indifferenza e dello scarto, rende evidente il motivo forse principale della sua visita: la tragedia di due anni fa, quando nella zona industriale del Macrolotto, sono morti sette operai cinesi. «Una tragedia dello sfruttamento e delle condizioni inumane di vita – ha aggiunto a braccio – e questo non è degno».

IL TEMA sociale è in primo piano anche nel discorso pronunciato poco dopo nella cattedrale di Firenze, davanti ai vescovi italiani e ai 2.200 delegati del Convegno ecclesiale sul nuovo umanesimo in Gesù Cristo. Messe in guardia dal pericolo di «astrattatismo», le nostre Chiese dovranno perseguire «umiltà, disinteresse, beatitudine», non avere «l’ossessione di preservare la propria gloria», né essere ossessionate dal ‘potere’, anche quando può apparire «utile e funzionale all’immagine sociale della Chiesa stessa.
«Se non assume i sentimenti di Gesù, la Chiesa si disorienta, perde il senso», scandisce Francesco interrotto dagli applausi, e una «Chiesa che pensa a se stessa e ai propri interessi» è «triste». Il disinteresse si esprime invece con una «fede rivoluzionaria» che grazie allo Spirito fa uscire da noi stessi per essere uomini che hanno «la capacità di donarsi». Occorre una «grandezza umile» caratteristica di chi conosce «la ricchezza della solidarietà» e «del sacrificio quotidiano di un lavoro a volte duro e mal pagato».

«L’HO detto più volte e lo ripeto ancora oggi a voi: preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade – insiste Francesco citando appunto la sua esortazione Evangelii Gaudium che ha invitato ad approfondire, mentre gli applausi lo sovrastano –, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze». Anche in mezzo alle tentazioni. «Ne elenco due sole, non vi spaventate, non come quelle quindici che ho detto alla Curia», scherza Francesco, sottolineando quella che spinge a cercare «soluzioni in conservatorismi e fondamentalismi» e quella che per eccesso di ragionamento, allontana dal «popolo fedele di Dio».
E se i sacerdoti devono essere come don Camillo, i vescovi siano «pastori» che abbiano capacità di dialogo e di incontro, senza «cercare di ricavare la propria fetta della torta comune, ma cercando il bene per tutti. Discutere insieme, arrabbiarsi insieme, pensare alle soluzioni migliori».

Resto del Carlino