Firenze. Voragine? nessun errore umano. Pubbliacqua sfida il sindaco e replica a Nardella: manutenzione regolare. Indagine per crollo colposo

firenzeFirenze non sogna, ora si preoccupa. Dalla mattina di mercoledì scorso cerca di capire come sia stato possibile lo sventramento sul Lungarno Torrigiani, a due passi da quel centro di gravità permanente di bellezza che è Ponte Vecchio, capace di rimandare nel mondo l’immagine di una città fragile. Meravigliosa ma fragile. Già, fare chiarezza su questa voragine che oggi, senza più le auto inginocchiate nel fango e la frenesia dei soccorsi del primo giorno, sembra una cicatrice che qualcuno ha fatto a sfregiare il cuore rinascimentale della città. La prima a volere fare chiarezza sembra essere proprio la magistratura. In procura l’altro ieri è stato aperto un fascicolo nel quale si ipotizza il reato di crollo colposo. Ancora non ci sono avvisi di garanzia ma la polizia giudiziaria ha acquisito ieri i filmati e le foto della mini alluvione notturna che ha preceduto lo smottamento del Lungarno. Si vuol stabilire con certezza il collegamento fra i due episodi, anche se su ciò in pochi sembrano avere dubbi. Quello che però si chiedono gli esperti è dove sia finita tutta la terra, 3-4mila metri cubi di materiale, che riempiva la voragine e che risulta a oggi scomparsa. Un enigma e una preoccupazione.

In un primo momento si era pensato che potesse aver ceduto un canalone scolmatore dell’Arno che passa proprio lì sotto. Una squadra di esperti è stata mandata a fare un’ispezione, ma alla verifica non è risultato nessun cedimento. Così l’ipotesi prevalente a oggi è che la perdita di acqua nella zona si protraesse da molti giorni, erodendo lentamente il terreno e creando una sorta di caverna sotto il cemento armato della carreggiata. Quando il vuoto è stato troppo vasto, il crollo. «Da giorni segnalavamo delle perdite di acqua che avevano allagato le nostre cantine, ma nessuno ci ha ascoltato», hanno denunciato alcuni residenti della zona, con qualcuno di loro che mostrava bollette da migliaia di euro proprio a causa delle perdite occulte. Toccherà alla magistratura dare una risposta anche a loro. Di certo sulle responsabilità dello smottamento è in corso una guerra non dichiarata fra amministrazione comunale e Publiacqua, l’azienda che gestisce la rete idrica da tutti considera iperenziana e che nel passato ha fatto da levatrice a gran parte del Giglio Magico, Maria Elena Boschi compresa.
Il sindaco Dario Nardella, dopo aver parlato il primo giorno di «errore umano» e di «responsabili da punire», anche ieri ha puntato il dito contro Publiacqua, mettendo nel mirino soprattutto l’amministratore delegato Alessandro Carfì, che tutto è tranne che renziano doc: sua moglie è stata il braccio destro di Ignazio Marino a Roma e la sua nomina la si deve al socio privato di Publiacqua, ovvero alla romana Acea: «Se deve dimettersi? Questa è una valutazione che sta alla sua coscienza», ha sibilato Nardella.

Carfì, ovviamente, di dimettersi non mostra per ora nessuna voglia: «Io non credo che il sindaco abbia parlato di errore umano, e comunque siamo in grado di dimostrare che gli interventi sono stati fatti con regolarità e con capacità tecnica», ha fatto sapere ieri. Segnali di una battaglia tutta da combattere e dagli esiti ancora incerti. In compenso la stessa Publiacqua un’ammissione implicita di responsabilità l’ha già fatta nel momento in cui ha accettato di accollarsi in toto le spese per il ripristino del Lungarno. La stima è di 5 milioni e i lavori della spalletta dovranno essere terminati entro settembre, prima che arrivi la stagione delle piene dell’Arno. E Nardella annuncia: «Vogliamo completare il ripristino del Lungarno entro il 4 novembre, data in cui Firenze con tutto il mondo ricorderà il 50° anniversario dell’alluvione che ha colpito con una ferita ben più grande la nostra città».

«Per quanto mi riguarda verificherò personalmente che nemmeno un euro di questi 5 milioni ricada sulla bolletta dell’acqua», ha tagliato corto Nardella. Bene. Ma siccome gli utili di Publiacqua sono per il 60% soldi che tornano ai Comuni-soci che li utilizzano per servizi ai cittadini, alla fine anche stavolta a pagare sarà di fatto il contribuente. In questo, una classica storia italiana più che fiorentina. Il Resto del Carlino.