Il confine tra consenso e sopraffazione, tra volontà autentica e condizionamento da alcol e droghe, è stato al centro del processo che a Forlì sta arrivando alla sua fase decisiva. Al termine del dibattimento, la procura ha chiesto per un 55enne forlivese una condanna a 7 anni e mezzo di carcere. L’uomo è accusato di violenza sessuale e di cessione di cocaina nei confronti di una collega molto più giovane di lui, incapace di opporsi e di comprendere per via dello stato psicofisico alterato.
Secondo la ricostruzione dell’accusa, tutto è iniziato intorno al periodo delle festività natalizie del 2023. Durante un pranzo aziendale, la giovane, allora venticinquenne, aveva ecceduto con l’alcol. Visto il suo stato, i colleghi le avevano sconsigliato di rientrare a casa con la propria auto. È stato così che il 55enne si è offerto di accompagnarla. La giornata si è prolungata: prima una sosta in un bar, poi alcune commissioni personali dell’uomo e infine l’arrivo nella sua abitazione.
Da questo momento in poi la ricostruzione dei fatti si divide in due: quella fornita dall’imputato e quella contestata dalla procura. L’uomo ha sempre sostenuto che la ragazza fosse consenziente, parlando addirittura di gesti espliciti della 25enne. La giovane, invece, non ricorda nulla di quanto accaduto in quelle ore. Sta di fatto che in quella casa, oltre a rapporti intimi, le è stata anche ceduta della cocaina.
Il procedimento penale si è concentrato proprio sulla distinzione giuridica tra consenso reale e incapacità della vittima di esprimere una volontà valida a causa di droga e alcol. Per il pubblico ministero Federica Messina, la linea è chiara: la donna non era in grado di autodeterminarsi. Da qui la pesante richiesta di pena.
Un ulteriore capitolo si è aggiunto dopo il presunto abuso. I due, spostatisi in un locale notturno abitualmente frequentato dall’uomo, sono stati visti da numerosi testimoni in atteggiamenti affettuosi. Circostanza che la difesa, rappresentata dagli avvocati Alessandro Sintucci e Marco Baldacci, ha posto a sostegno della versione dell’imputato. La mattina seguente, però, la ragazza ha realizzato – dalle parole stesse del collega – di aver avuto rapporti sessuali con lui. Ed è a quel punto che la denuncia per stupro ha innescato l’indagine e l’arresto.
Nella storia resta anche un aspetto civile già definito: la vittima ha ottenuto un risarcimento di 20mila euro e non si è costituita parte civile. Ma la partita penale resta aperta. Oggi, mercoledì 10 settembre 2025, all’ombra dell’aula del tribunale, il destino giudiziario dell’imputato si avvicina a una conclusione: sarà il collegio giudicante a stabilire se dovrà affrontare anni di carcere o se la difesa riuscirà a smontare la tesi accusatoria.