Nel nuovo filone d’indagine sull’omicidio di Chiara Poggi, la 26enne uccisa a Garlasco nel 2007, si fa sempre più concreta l’ipotesi che il Dna maschile rilevato nel cavo orofaringeo della vittima possa essere frutto di una contaminazione. Dopo l’esito degli accertamenti tecnici eseguiti nel recente incidente probatorio, ora si prepara un nuovo passo investigativo: la raccolta di tamponi salivari da parte di tutti coloro che, a vario titolo, entrarono in contatto con il corpo della giovane.
Il campionamento su 30 soggetti
Nel nuovo capitolo dell’inchiesta sull’omicidio di Chiara Poggi il Dna maschile sconosciuto– che ha già escluso coincidenze con i profili genetici di Andrea Sempio e Alberto Stasi – trovato nel cavo orale della vittima – denominato “Dna Ignoto 3” – sarà oggetto di comparazione genetica con almeno 30 persone. Tra i soggetti che potrebbero essere sottoposti a prelievo ci sarebbe anche chi, anni dopo l’omicidio, si occupò della riesumazione della salma per sanare una grave lacuna: la mancata acquisizione delle impronte digitali di Chiara. Un dettaglio rilevante, perché proprio durante quelle operazioni il corpo venne nuovamente manipolato, aprendo alla possibilità di un inquinamento genetico.
Il quesito sull’eventuale contaminazione del reperto biologico, che resta formalmente estraneo agli accertamenti irripetibili disposti dal gip Daniela Garlaschelli, potrebbe passare ora sotto la competenza diretta della Procura di Pavia. È proprio quest’ultima, infatti, ad aver iscritto nel registro degli indagati Andrea Sempio, con l’ipotesi di concorso in omicidio con ignoti. Nel frattempo, prosegue il confronto tra i profili genetici raccolti nel corso degli anni e il Dna sconosciuto isolato nei nuovi esami. L’obiettivo è stabilire se quel codice appartenga realmente a un soggetto coinvolto nel delitto o se si tratti, come ipotizza la difesa di Stasi, di un artefatto contaminato durante una delle molteplici fasi di gestione del corpo.
Questa fase si preannuncia decisiva: se il Dna Ignoto 3 dovesse risultare estraneo a tutti i profili raccolti, la pista dell’inquinamento perderebbe forza e la traccia genetica potrebbe diventare un elemento chiave per riaprire del tutto il caso.
Dna ignoto 3 e la comparazione con almeno 30 persone
All’indomani degli esiti delle repliche degli esami sui 5 campioni di quella stoffa effettuati nell’incidente probatorio disposto nella nuova indagine sull’omicidio della 26enne di Garlasco, il passo successivo è quello di verificare se si tratta o meno di un «inquinamento». Passo che, in teoria, esula dal quesito relativo agli accertamenti irripetibili disposti dal gip Daniela Garlaschelli, e che dovrebbero essere di competenza della Procura di Pavia che ha indagato Andrea Sempio in concorso con altri. Per tanto, oltre a quelli già effettuati, dovrebbero essere fatti prelievi ai fini delle comparazioni con quel Dna di un terzo ignoto, a partire da coloro che sono intervenuti sulla scena del crimine e hanno avuto a che fare con il corpo di Chiara. A spanne compresi quelli di cui si è già in possesso del Dna, almeno una trentina di persone. Anche chi si è occupato, dopo la riesumazione, di sanare quella grave dimenticanza e ha preso le impronte. I match finora effettuati, anche con i profili di Sempio e Alberto Stasi, hanno dato esito negativo.
Garlasco: esiti finali su garza, in due prelievi su tre stessa contaminazione
Nuovo risultato sul fronte dell’incidente probatorio sul delitto di Chiara Poggi. Sono tre su cinque i risultati ‘utili’ sul fronte della garza che è stata usata nella bocca della ventiseienne per raccogliere il suo materiale genetico da confrontare con le tracce dell’omicidio del 13 agosto 2007 a Garlasco. E anche la replica sulla terza ‘traccia’ ha restituito un presunto inquinamento. Di questa ripetizione ne dà conto la mail della genetista Denise Albani – scelta dalla giudice per le indagini preliminari di Pavia Daniela Garlaschelli – inviata nella tarda mattinata ai consulenti del nuovo indagato Andrea Sempio, del condannato Alberto Stasi e della famiglia della vittima. Sulla garza di pochi centimetri usata in sede di autopsia e che ha toccato tutte le pareti della bocca della giovane sono stati fatti cinque prelievo. Uno ha mostrato un aplotipo Y (linea maschile) compatibile al 99% con Ernesto Gabriele Ferrari l’assistente del medico legale, un secondo è in parte sovrapponibile a Ferrari e in parte no (fino a qui gli elementi noti) e la seconda replica odierna ha restituito anche nel terzo prelievo una traccia ‘mista’ di Ferrari e dello stesso materiale ignoto. Si tratta di un campione ancora più eseguo e degradato degli altri due e che avvalora che la garza fosse già contaminata prima del prelievo. In tutti e tre i casi si tratta di campioni che sono inferiori a una sola cellula (tra i 2 e i 4 picogrammi) rispetto alla quantità della vittima (presente con concentrazioni nell’ordine dei 40.000 picogrammi) e che la logica e la scienza lega a un “inquinamento”. E che questa sia l’ipotesi a cui crede l’esperta del giudice è anche legata alla sua richiesta di “qualche specifica in più” al medico legale Marco Ballardini per capire come e da chi è stata maneggiata la garza durante l’autopsia.
Leggo.it